Omofobia, l’appello del vescovo di Ventimiglia: “Fermate questa legge liberticida e ideologica”

29 Lug 2020 19:24 - di Redazione

“Opporsi con tutti i mezzi alla promulgazione di una legge fatta per sdoganare l’ideologia ‘gender’. E che contiene pericolose derive liberticide”. E’ l’accorato appello del vescovo Ventimiglia, in vista dell’approdo alla Camera del ddl contro l’omotransfobia, targato Pd. Che vede l’opposizione compatta di tutto il centrodestra. Monsignor Antonio Suetta si rivolge ai parlamentari cattolici. Ma anche a chi “ha una coscienza libera”.

Omofobia, l’appello del vescovo di Ventimiglia

L’invito a bloccare con tutti i mezzi la deriva ideologica della proposta arriva a pochi giorni i giorni dalla discussione nell’aula di Montecitorio che inizierà il 3 agosto. “Mi rivolgo ai parlamentari di area cristiano-cattolica- Ma anche a quanti hanno una coscienza libera. Per chiedere di “non soggiacere alla colonizzazione ideologica”. Il vescovo Suetta è sempre stato tra i più critici del ddl Zan- Scalfarotto. E oggi, alla luce degli emendamenti accolti, osserva: “Mi pare di capire che tutto va nella direzione di una forte componente ideologica. Si vuole a tutti i costi imporre una visione delle cose che non è sostenibile. Neanche in base alla legge naturale”. Il vescovo denuncia l’alibi della sinistra. “Lo si vuole fare con il pretesto di combattere ogni forma di discriminazione. Quando tanti autorevoli giuristi hanno spiegato che ci sono già tutti gli strumenti legislativi per combattere odio e discriminazione”. Il vescovo di Ventimiglia accende i riflettori anche sulla delicata questione dei fondi da destinare al contrasto dell’omofobia. “Spesso – denuncia – questi finanziamenti sono destinati a sovvenzionare una determinata propaganda”.

Qualche settimana fa monsignor Suetta aveva lanciato l’allarme. Presentando alcune “riflessioni e preoccupazioni pastorali”. In particolare nel punto in cui il testo prevede di punire “l’istigazione a commettere atti di discriminazione o di violenza, non mere opinioni”. “Ma il problema – sostiene il vescovo – sta proprio nell’individuare la differenza tra una opinione e una reale discriminazione. Che verrebbe affidato a una serie di valutazioni in capo a un giudice”.

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