Lo “stile Gomorra” contagia anche uomini in divisa. Piacenza ci dice che la misura è colma
«Hai presente le scene di gomorra? Guarda che è stato uguale: tu devi vedere gli schiaffoni che gli ha dato». Il protagonista cui si riferisce il brano della conversazione intercettata non è aspirante boss di Scampia e neppure un guaglione di paranza arruolato per una stesa in quel di Forcella, ma un carabiniere. Sissignori, un graduato con addosso la stessa divisa di Salvo D’Acquisto, di Carlo Alberto Dalla Chiesa e dei tanti altri che l’hanno onorata fino al sacrificio supremo, quello della vita. Brutta, bruttissima storia, questa di Piacenza. Un intera caserma sequestrata come se fosse la sontuosa dimora di un padrino. Un presidio di legalità trasformato dai suoi stessi abitanti nel set di Gomorra.
Il carabiniere pusher: «Hai presente Gomorra? Uguale»
Qualcuno che se ne intendeva diceva che per testare il polso di una nazione non serve guardare ai grandi eventi della politica, ma seguire i fatti della cronaca. Già, sono quelle pagine a registrare gli scricchiolii sinistri che salgono dalla società. E quello che arriva da Piacenza è addirittura devastante. È prevedibile che a lenirne gli effetti non basteranno questa volta frasi di circostanza e iniezioni di fiducia. C’è qualcosa che non va se con crescente frequenza l’uomo con le stellette si trasforma in un delinquente in divisa. C’è qualcosa che non va nel profondo. Nella famiglia, nella scuola, nelle modalità di arruolamento, nelle istituzioni. Così come nella comunicazione.
Infangata la divisa di D’Acquisto e Dalla Chiesa
Ci lamentiamo e ci offendiamo quando all’estero ci dipingono come mafiosi. Ma i primi ambasciatori di quel modello di italiano siamo proprio noi, con la nostra industria culturale cinematografica e televisiva. Gomorra ha sbancato in tutto il mondo. A sentire la procuratrice di Piacenza, anche tra alcuni uomini dell’Arma. Purtroppo. Forse doveva accadere prima o poi. Piaccia o meno, quel tipo di rappresentazione è destinato a veicolare messaggi fuorvianti e a mettere sugli altari i santi sbagliati. E la circostanza che chi ne ha fatto legittimamente un business sia anche lo stesso che ne denuncia gli effetti, cioè Saviano, ha solo il gusto amaro della beffa che si aggiunge al danno.