È morto Gianfranco Anedda: fu capogruppo di An alla Camera e sottosegretario alla Giustizia

17 Lug 2020 16:34 - di Lando Chiarini
Anedda

Bisognava averlo conosciuto Gianfranco Anedda. Se qualcuno avesse mai cercato la negazione dello stereotipo “legge e ordine“, in lui l’avrebbe certamente trovata. Come in Lillo Valensise, classe 1921, o in Pinuccio Tatarella, della sua stessa generazione. Tutti e tre capigruppo alla Camera di Alleanza Nazionale. E il ruolo, si sa, fa l’uomo. Quello di capogruppo – in altre epoche non necessariamente remote – racchiudeva un po’ tutte le funzioni e le finzioni. Guida, custode, organizzatore, mediatore, motivatore e persino confessore. Non richiedeva il classico fisico bestiale, ma certamente esperienza, tratto, carisma e quel tanto di fiuto per annusare per tempo su chi o cosa stesse per abbattersi il vento alzato dai dibattiti infuocati.

Anedda, avvocato cagliaritano, aveva 89 anni

Anedda, che se ne andato oggi a 89 anni, li possedeva tutti. Come gli altri, del resto. Con la differenza che lui agli incarichi era riluttante. Schivo come pochi, immerso in quella orgogliosa solitudine tipica dei sardi (era cagliaritano), Anedda non era un uomo-contro. Fini lo volle capogruppo in sostituzione di Ignazio La Russa, promosso coordinatore, perché unico in quella fase – correva l’anno 2003 – in grado di garantirgli la convinta unità dei deputati. E così fu. Nel ruolo, fece un uso molto parco della parola. Non ha mai predicato il “largo ai giovani“, ma lo ha praticato con convinzione mista a lucida ostinazione, anche qui tutta sarda. Era rimasto fedele all’idea almirantiana di partito: una fiaccola di idealità, di valori e di tesi che passa di mano in mano, dai più anziani ai più giovani.

Nel 2005 l’elezione al Csm: fu il più votato di tutti

Avvocato tra i più noti e apprezzati della sua regione e non solo, Anedda è stato anche sottosegretario alla Giustizia nel primo governo Berlusconi, per poi passare, nel 2005, nel Csm. Nell’occasione ebbe più  voti di tutti: ben 758 voti. Un record. A conferma che la stima la raccoglieva ovunque, anche oltre il recinto del suo partito e della sua coalizione. Lo dimostra anche il cordoglio unanime che ha accolto la notizia della sua scomparsa. Non ci meraviglia. Anedda è stato un uomo convintamente di destra, ma la sua morte è una perdita per l’intera politica italiana, oggi privata di una delle sue figure più competenti e adamantine. Lascia un grande vuoto. Di galantuomini così non ce n’è mai abbastanza.

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