Strage di Bologna, i parenti di Maria Fresu: comparare il Dna con quello di altre 7 vittime
I parenti di Maria Fresu, la donna scomparsa nella strage di Bologna il 2 agosto 1980 hanno chiesto la comparazione del Dna dei resti attribuiti erroneamente fino a pochi mesi fa alla giovane mamma con quello di altre 7 vittime della strage di Bologna segnalate come ‘morfologicamente confrontabili’.
Il cadavere di Maria Fresu fu a lungo inutilmente cercato fra le macerie della stazione e non venne mai trovato. La strage di Bologna sembrava averla inghiottita nel nulla.
A Maria Fresu fu, poi, arbitrariamente attribuita da un medico, il professor Pappalardo, parte di una sorta di “maschera facciale” strappata dall’esplosione della strage di Bologna dal viso di una donna.
E quei resti vennero, all’epoca, poi racchiusi in una bara posta in un loculo del cimitero di Montespertoli con il nome di Maria Fresu, accanto al loculo di Angela Fresu, la figlia di 3 anni ritrovata morta sotto le macerie.
Un falso che ha resistito per 40 anni. Fino a quando quei resti – la maschera facciale e parte di una mano di donna – non vennero riesumati, la scorsa primavera.
E gli esami del Dna hanno escluso, a sorpresa, che quei pochi resti tumulati a nome di Maria Fresu effettivamente le appartenessero.
Anzi emerse che appartenevano a due donne diverse. Ma non a Maria Fresu.
Il mistero si sarebbe potuto risolvere scoprendo se, per caso, si trattava di una 86esima e di un’88esima vittima se la Corte che stava processando l’ex-Nar Gilberto Cavallini per la strage di Bologna avesse acconsentito a comparare il Dna di quei resti con quello delle altre vittime.
Ma il presidente Michele Leoni rifiutò sostenendo con un’ordinanza che “la perizia sul Dna delle presunte spoglie di Maria Fresu non ha dato esiti univoci e sicuri quali ad esempio la riconducibilità di tali resti a una sola persona”. E, di conseguenza, “l’eventuale espletamento di altre perizie sul Dna porterebbe comunque a un binario morto”.
E ora i parenti di Maria Fresu sperano nella Procura Generale della Corte d’appello di Bologna dopo essersi rivolti al Commissario straordinario per le persone scomparse e aver chiesto a lui di comparare il Dna con quello di altre 7 vittime.
Del caso si sta occupando ora la criminologa Immacolata Giuliani.
“Insieme a Laura Fresu, cugina di Maria, il 29 aprile scorso, abbiamo invitato una richiesta al Commissario straordinario per le persone scomparse del ministero dell’Interno perché promuovesse accertamenti genetico forensi sullo scalpo rinvenuto il 2 agosto 1980 sotto il treno fermo al binario 1 della stazione di Bologna e il riconoscimento come persona scomparsa di Maria Fresu”, spiega la criminologa all’Adnkronos.
”La richiesta di comparazione dello scalpo con il Dna di altre 7 donne vittime della strage segnalate come ‘morfologicamente compatibili’ è stata effettuata anche dall’avvocato Gianfranco Piscitelli dall’Associazione Penelope Sardegna al fine di confrontarlo con il Dna dei familiari“, aggiunge Immacolata Giuliani.
“Purtroppo però – spiega la criminologa – il 27 maggio abbiamo ricevuto la risposta del Prefetto Silvana Riccio. Che ci informa che il suo ufficio non è deputato agli accertamenti da noi richiesti. E che aveva provveduto a inviarli alla Procura generale presso la Corte d’Appello di Bologna‘”.
Eppure, secondo la Giuliani, ”tra i compiti del Commissario straordinario per le persone scomparse vi sono proprio quelli di assicurare il coordinamento stabile e operativo tra le amministrazioni statali competenti a vario titolo nella materia”.
”Ora speriamo solo che la nostra richiesta non resti chiusa in un cassetto della Procura di Bologna. Vogliamo scoprire la verità”, conclude.