Napoli, sgominati tre clan: 59 arresti. In manette anche i fratelli di Cesaro (FI) e due carabinieri

9 Giu 2020 14:47 - di Francesca De Ambra

Camorristi vecchi e nuovi, imprenditori importanti, esponenti politici e persino due carabinieri. Non manca niente nell’indagine condotta dalla Dda di Napoli e che ha portato all’arresto di 59 persone smantellando tre clan – Puca, Verde e Ranucci – in quel di Sant’Antimo, grosso centro dell’hinterland partenopeo. In manette anche Antimo, Aniello e Raffaele Cesaro, fratelli di Luigi, esponente di Forza Italia e già presidente della Provincia. Non è la prima volta che i Cesaro incappano nelle maglie della giustizia. Sullo stesso senatore, infatti, è già pendente a Palazzo Madama una richiesta di arresto ai domiciliari per una presunta corruzione relativa alla variante al Prg di Castellammare di Stabia. È indagato anche in questa inchiesta, ma la sua posizione è stralciata in attesa dell’autorizzazione all’utilizzo delle sue intercettazioni. Solo dopo, ha chiarito il gip, sarà possibile assumere una decisione.

Indagato anche il senatore Cesaro

Antimo e Aniello sono reduci da una lunga carcerazione preventiva sempre per vicende legate all’intreccio tra imprenditoria e camorra. I Cesaro, infatti, hanno interessi che spaziano dall’edilizia alla sanità, allo sport. Un vero impero economico incastonato in uno degli epicentri del potere dei clan. Gli inquirenti sono convinti che senza il secondo non esisterebbero i primi. Ne fa fede – secondo l’impianto accusatorio – il denaro elargito nel tempo dai Cesaro all’anziana madre di Pasquale Puca, detto o’ Minorenne, capo dell’omonimo clan. Proprio quest’ultimo, a detta dei collaboratori di giustizia, sarebbe il socio occulto dei Cesaro.  Si tratta, ovviamente, di elementi da verificare.

Ipotizzato un intreccio politico-affaristico-mafioso

Nel mirino è finita anche l’elezione di Aurelio Russo (FI), la cui amministrazione è stata sciolta il 20 marzo scorso per condizionamenti mafiosi. Secondo la Dda, in quella tornata, era il 2017, i fratelli Cesaro avrebbero pagato 50 euro per ogni voto dato a Russo. Quanto agli attentati subiti dai fratelli del senatore nel 2014 e nel 2015, si tratterebbe – secondo gli inquirenti – di ritorsioni per il venir meno di «pregressi accordi» tra il clan Puca e gli imprenditori. Dei due marescialli dei carabinieri, uno è finito in carcere e l’altro interdetto dal pubblico ufficio. Il primo risponde di rivelazione di segreto d’ufficio e favoreggiamento. Il secondo di favoreggiamento, ma aggravata dall’aver agevolato i clan Puca e Verde.

 

 

Commenti

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  • Ben Frank 10 Giugno 2020

    …e anche due carabinieri… Scommettiamo che non sono originari di Pordenone o di Biella? In certe “famiglie” di determinate regioni d’Italia chi fa il carabiniere, chi il camorrista, ma tutto in famiglia resta…