Mes, Conte come Arlecchino servo di due padroni. Tra Pd e M5S non sa a chi obbedire
Giuseppe Conte nella veste di Arlecchino servo di due padroni. È questo l’esempio più calzante per descrivere la condizione di un premier indeciso a tutto pur di non mollare la cadrega sulla quale è seduto. Zingaretti gli chiede di accelerare sul Mes, e lui invece rallenta per non indispettire il Di Maio travestito da Crimi. «Se vai avanti sul “salva-Stati” rischiamo la scissione», è l’implorazione venuta dai Cinquestelle. Conte l’ha girata paro paro al Pd: «Volete che io apra la crisi in pieno agosto?». Il premier ha toccato la corda giusta: al Nazareno nessuno vuole far precipitare la situazione.
Governo senza posizione: e il 15 luglio c’è il Consiglio europeo
Ma nessuno può tollerare oltre l’oltranzismo ideologico dei grillini. Per di più su una misura targata Ue. Per Zingaretti, così come per Renzi, è imbarazzante spiegare la diffidenza del M5S nei confronti di Bruxelles. Tanto più che da mesi si vantano di aver arrestato la marcia trionfale del sovranismo anti-europeista di Salvini. Intanto, si avvicina la data del 15 luglio, giorno in cui torna a riunirsi il Consiglio europeo. Quale mandato darà il Parlamento a Conte? Il premier ha puntato i piedi e accetta solo su una generica delega a trattare sui Recovery Fund. Ogni parola in più, ha spiegato agi ministri del Pd, potrebbe determinare la crisi.
Sul Mes dissensi in tutta la maggioranza
Ma le Camere, si sa, sono luoghi pieni di insidie. E già nella maggioranza giallo-rossa risuona l’allarme per la mozione pro-Mes che potrebbe presentare Emma Bonino. Si vedrà. Nel frattempo fioriscono le voci in dissenso. Nei Cinquestelle si distingue quella del senatore Primo Di Nicola. «Finiamola con il no ideologico al Mes, altrimenti il governo rischia davvero», avverte dalle colonne di Repubblica. Nel Pd, invece, è il governatore emiliano Stefano Bonaccini, possibile avversario interno di Zingaretti, ad alzare i toni e inveire contro il «teatrino di forze politiche». «Voglio vedere – aggiunge – che solo per questioni ideologiche dicono no a 36 miliardi, una cifra mai vista per l’Italia sulla sanità». Già, vorrebbero vederlo anche gli italiani.