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La renziana Occhionero verso il processo: i pm antimafia chiedono il rinvio a giudizio

Politica - di Redazione - 6 Giugno 2020 - AGGIORNATO 6 Giugno 2020 alle 17:00

Rischia il processo la deputata renziana, Giuseppina Occhionero, finita coinvolta nell’inchiesta “Passpartout”, che ruota attorno al suo ex collaboratore, il radicale Antonello Nicosia. Nicosia è accusato di aver fatto da “postino” per i boss in carcere, recapitandone i messaggi all’esterno. Ma in quelle carceri, a visitare i boss, il 46enne di Sciacca ci arrivò grazie alla Occhionero e alle attestazioni nelle quali lo indicava come suo collaboratore. Anche quando – sostengono gli inquirenti – non lo era.

Chiesto il rinvio a giudizio per Occhionero

Per questo per la deputata ex Leu, poi diventata renziana, è scattata l’accusa di falso, per la quale ora rischia il processo. I pm della direzione distrettuale antimafia di Palermo, Francesca Dessì e Geri Ferrara, infatti, ne hanno chiesto il rinvio a giudizio. Oltre a Nicosia e Occhionero la richiesta riguarda altri quattro indagati. L’udienza preliminare ora è fissata per il 9 settembre.

Nicosia “pienamente inserito nell’associazione mafiosa”

Secondo quanto ricostruito dagli investigatori e messo in fila da Fabio Amendolara su La Verità di oggi, Nicosia avrebbe avuto un rapporto molto stretto con il capomafia Accursio Dimino e avrebbe anche partecipato a summit su come far arrivare soldi a Matteo Messina Denaro. Era, insomma, “pienamente inserito – scrive la Procura – nell’associazione mafiosa”. Per farlo entrare nelle carceri Occhionero avrebbe attestato per tre volte il falso, ovvero che Nicosia era un suo collaboratore. Un rapporto di lavoro tra i due, infatti, sarebbe stato formalizzato solo dopo la terza visita in carcere e con un contratto da 50 euro al mese, che – fa notare Amendolara – ha il sapore della “pezza d’appoggio”.

La versione di Occhionero

Sentita dai pm dopo l’arresto di Nicosia, Occhionero si è giustificata dicendo di non immaginare chi avesse di fronte e minimizzando il rapporto di collaborazione avuto con l’uomo. Ora ci tiene a sottolineare che “mi accusano di presunta violazione  dell’art. 76 dpr 2000, dunque la mafia non c’entra nulla”. “Sono serena, mi aspetto un non luogo a procedere”, ha spiegato la deputata renziana, alla quale comunque, stando a una telefonata del dicembre 2018 intercettata dagli investigatori e riportata da La Verità, Nicosia aveva spiegato che un anziano incontrato in carcere era il boss Simone Mangiaracina.

 

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