Di Matteo in Commissione Antimafia rincara la dose contro Bonafede sulla mancata nomina al Dap

18 Giu 2020 19:29 - di Roberto Frulli
DI_MATTEO_scortato

Il Consigliere del Csm, ed ex-pm Nino Di Matteo, è un fiume in piena. Chiamato a chiarire in Commissione Antimafia le sue parole scagliate contro il ministro della Giustizia Bonafede per la sua mancata nomina a capo del Dap, Di Matteo non si tira indietro. E, anzi, rincara la dose. “Non ho mai avuto dubbi sul fatto di accettare l’incarico a capo del Dap” proposto dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede nel 2018, nomina poi non andata a buon fine. ha ribadito Di Matteo. E ha ricordato che il ministro, nel corso della telefonata nella quale gli aveva proposto l’incarico gli aveva ripetuto “almeno tre volte ‘scelga lei'”. “Ho ritenuto di dovere raccontare la verità e non me ne sono pentito – Di Matteo – Perché la vicenda da personale diventava istituzionale nel momento in cui Bonafede mi fece intendere che la soluzione della mia nomina a capo del Dap aveva avuto prospettazioni di diniego o mancato gradimento”. “A cosa si riferisse lo potrebbe dire solo il ministro“, ha aggiunto. “Per 2 anni non ho parlato di questa vicenda per ragioni istituzionali. Nonostante avessi giudicato gravemente incomprensibile la decisione, non volevo comunque delegittimare il lavoro del ministro Bonafede e del Capo del Dap Basentini”, ha detto il consigliere del Csm all’Antimafia. E ha spiegato così il motivo per cui ha deciso di parlare solo dopo 2 anni della mancata nomina a capo del Dap nel 2018, intervenendo alla trasmissione ‘Non è l’Arena’ il 3 maggio. “Poi sono accadute alcune cose che mi hanno indotto a parlare – ha spiegato Di Matteo – le rivolte dei detenuti, le scarcerazioni di detenuti per mafia, avevo letto sui media della circolare del 21 marzo, le dimissioni di Basentini e il fatto che iniziavano nuovamente a filtrare le voci di un incarico a me come capo del Dap”. “Per me la credibilità istituzionale è più compromessa da una situazione come quella che si è verificata nel 2018, non dal fatto che si cerchi di fare chiarezza”, ha detto il consigliere del Csm,  rispondendo così a una domanda sul fatto che la sua decisione di riferire della vicenda della mancata nomina a capo del Dap nel 2018 in una trasmissione televisiva possa vere compromesso la ‘credibilità istituzionale’. “Penso che le scarcerazioni siano state un segnale devastante, dal punto di vista simbolico, inteso dal punto di vista mafioso come un cedimento”, ha detto Di Matteo.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *