“Decreto elezioni”, il governo si arrende a FdI: cessato l’ostruzionismo alla Camera

11 Giu 2020 17:36 - di Valerio Falerni
elezioni

Il “decreto elezioni” vola verso la conversione in legge. Forse già lunedì prossimo. È il primo, importante effetto prodotto dalla cessazione dell‘ostruzionismo da parte dei Fratelli d’Italia, da sempre contrari all’inserimento nel testo di date “perentorie”. La decisione del ministro Lamorgese di limitarsi ad indicare come “finestra elettorale” dalla quale potersi affacciare a partire dal 15 settembre in poi ha convinto FdI a sotterrare l’ascia di guerra. Nello stesso turno rientreranno anche i Comuni sciolti entro il 27 luglio, per evitare, ha spiegato il ministro dell’Interno, «un lungo periodo di commissariamento». Solo da quella data – verosimilmente 20 2 21 settembre – si potrà votare per suppletive Senato,  regionali, comunali e referendum sul taglio del numero dei parlamentari.

Lamorgese: «Election day dal 15/9»

Nello stesso turno rientreranno anche i Comuni sciolti entro il 27 luglio, per evitare, ha spiegato il ministro dell’Interno, «un lungo periodo di commissariamento». Per effetto dell’accorpamento del referendum confermativo, sarà dunque election day. La Camera ha infatti bocciato prima l’emendamento a prima firma Magi e poi un altro presentato da Forza Italia che miravano a separare la consultazione sulla riduzione del numero dei parlamentari dall’election day, spostandone la celebrazione ad altra data. Sempre sul tema dell’accorpamento del referendum confermativo, una nota dei Radicali informa dell’avvento deposito di due ricorsi, coordinati dall’avv. Felice Besostri contro l’election day.

I Radicali: «No all’accorpamento del referendum alle elezioni»

Il primo è stato presentato al Tar del Lazio per portare davanti alla Corte Costituzionale la legge costituzionale che ha introdotto taglio dei parlamentari. Tra i ricorrenti, figurano anche i nomi dei professori Pasquale Costanzo e Nicola Colaianni, oltre che del segretario del partito Maurizio Turco. Il secondo è un ricorso presentato in dieci regioni, tra cui cinque di quelle chiamate al voto. «In più occasioni – conclude la nota radicale – abbiamo ribadito che la riduzione del taglio dei parlamentari, oltre a rappresentare un vero e proprio danno per la democrazia e per i cittadini italiani, favorisce alcune regioni a discapito di altre».

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