Dap e Bonafede, la versione di Di Matteo. L’ex-pm della “Trattativa” domani ospite di Giletti
Non in viva voce, ma in carne ed ossa. Nino Di Matteo, il pm della Trattativa oggi al Csm, rompe gli indugi e accetta l’invito: domani sera sarà in studio a Non è l’Arena, il programma di La7 condotto da Massimo Giletti. Si parlerà di giustizia, ovviamente. Il magistrato non ha ancora smaltito i furori per la mancata nomina al vertice del Dap (l’amministrazione penitenziaria). Gliela propose un anno e mezzo fa Bonafede, per negargliela il giorno dopo per motivi tuttora non chiariti nonostante un dibattito parlamentare e una mozione (respinta) di sfiducia individuale al ministro. Lo rivelò lo stesso Di Matteo intervenendo telefonicamente in trasmissione. In quell’occasione, l’ex-pm accennò a pressioni mafiose finalizzate a stroncarne la nomina. Seguì un’imbarazzatissima replica, sempre via telefono, del ministro. Il resto è storia ancor più nota.
Mai chiariti i motivi della mancata nomina di Di Matteo
Prevedibile, quindi, che Giletti voglia tornare sull’argomento. Che nel frattempo si arricchito di nuovi elementi. A cominciare da quelli che stanno emergendo dal caso Palamara, il capo di Unicost, la corrente moderata dei magistrati, considerato dalla Procura di Perugia che lo ha indagato per corruzione, un vero crocevia di intrallazzi togati. Che c’entra Palamara con Di Matteo? Nulla. Gli avvocati del leader di Unicost si sono però accorti che le trascrizioni delle conversazioni telefoniche del loro assistito, captate dal trojan, sarebbero diverse da quelle ascoltate.
Chi ha indotto il ministro di far cadere la proposta del Dap?
In più, sarebbe emerso che le pause del trojan sarebbero molto più lunghe di quelle normali (20 secondi invece di uno). E ancora: contrariamente a quanto accade normalmente, il trojan inoculato nel cellulare di Palamara era in funzione solo in determinate ore del giorno. Per risultare stranamente disattivato il giorno in cui Palamara deve incontrarsi a cena con il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone e Michele Prestipino, che ne sarebbe diventato il successore. Sono proprio i giorni in cui si decide la guida dell’Ufficio capitolino. Palamara vuole Viola, procuratore a Firenze. Pignatone il suo vice, Prestipino, appunto. Quest’ultimo non andrà alla cena. Pignatone sì.
Il voltafaccia di Palamara e Davigo sulla nomina del Procuratore di Roma
Stranamente, però, pur rientrando nella fascia oraria di capostazione, il trojan dorme. Nulla, dunque, si sa delle parole dette in quella cena. Si sa, però, come ricorda Il Riformista, che poi anche Palamara votò per Prestipino. E così anche Davigo, dando un grosso dispiacere proprio a Di Matteo e a Sebastiano Ardita, che nel Csm votarono contro Prestipino. E non è finita: perché dalle chat di Palamara risulta che Pignatone abbia incontrato più volte Bonafede, compreso il giorno prima dell’incontro di questi con Di Matteo, pronto ad accettarne la proposta di guidare il Dap. Proposta poi misteriosamente caduta. C’entra qualcosa che in quelle stesse ore il Guardasigilli abbia incontrato l’allora procuratore capo di Roma? Lo scopriremo (forse) solo guardando Giletti.