Coronavirus, seconda ondata in autunno? Esperti divisi. E c’è chi dice: «Non sono un indovino»

14 Giu 2020 18:52 - di Fortunata Cerri
coronavirus

Ci sarà una seconda ondata di coronavirus in autunno-inverno?L’Adnkronos Salute lo ha chiesto a 18 esperti. Rispondono virologi, epidemiologi, infettivologi, rianimatori e altri clinici. Ma anche l’Organizzazione mondiale della sanità e il premio Nobel per la medicina Bruce Beutler.Coronavirus,

«Uno scienziato del calibro di Tony Fauci, il direttore del Niaid americano, ha detto che potrebbe esserci. Ma certo nessuno di noi ha la palla di vetro»,  afferma Roberto Cauda, docente di Malattie infettive all’Università Cattolica del Sacro Cuore. Cauda con Fauci ha collaborato nei primi anni ’90. «Le ipotesi che facciamo derivano dalle esperienze di precedenti pandemie influenzali, come la Spagnola del 1918, ma era un virus diverso. Dunque non mi sento di fare previsioni. Nella malaugurata ipotesi che arrivi – aggiunge – penso però che non sarà grave come la prima ondata. Non tanto perché il virus sia diventato più buono, ma perché lo conosciamo meglio. Sappiamo più cose su come gestirlo. Vorrei dire però che il rischio di una seconda ondata dipende da noi. E da quanto sapremo rispettare le misure chiave per contrastare il virus».

Pregliasco: «Possibile recrudescenza»

È invece “possibile una recrudescenza” di Sars-CoV-2 per il virologo dell’università degli Studi di Milano Fabrizio Pregliasco. Che non esclude l’eventualità di una seconda ondata «in autunno. Quando le condizioni meteo favoriranno la diffusione di questo virus che potrà nascondersi tra i casi delle varie forme respiratorie virali». Tuttavia, precisa l’esperto, «la previsione di una seconda ondata si basa sui comportamenti di virus pandemici del passato. Non è detto ci sia se manterremo una buona capacità di tracing dei focolai come quelli che già si sono evidenziati per esempio all’Irccs San Raffaele Pisana di Roma e all’ospedale Niguarda di Milano».

Possibilista anche il virologo Guido Silvestri, docente negli Usa alla Emory University di Atlanta. «Non lo sappiamo per certo – risponde – ma direi di sì, verso dicembre-gennaio prossimo».

Per Giorgio Palù, past president della Società europea di virologia e professore emerito di Microbiologia dell’università di Padova, «nessuno lo sa con certezza e non mi aggiungo ai tanti divinatori che parlano in questi giorni. Possiamo solo dire che questa è la prima pandemia di coronavirus che l’umanità conosce. Probabilmente i virus del raffreddore sono forme zoonotiche che si sono già stabilite nell’uomo. E per analogia con le pandemie influenzali del passato, la cui trasmissione cominciava di solito aprile, aveva uno stop in estate e tornava in autunno (la spagnola addirittura tornò ad agosto-settembre). Possiamo affermare che c’è sempre un qualche ritorno dei virus pandemici a trasmissione respiratoria. Questo virus ha infettato oltre 7 milioni di persone riconosciute (ma ce ne saranno 5-6 volte di più) e potrebbe aver trovato il suo ospite naturale e rimanere endogeno. Probabile, quindi, ma non ne siamo certi». 

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