Coronavirus, gli scienziati: «Inequivocabile il crollo dei malati con sintomi». In aumento i casi con bassa carica virale

23 Giu 2020 16:16 - di Milena Desanctis
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dati Un crollo inequivocabile dei malati di coronavirus con sintomi e dei ricoveri in ospedale. E in parallelo un’impennata dei casi cosiddetti “debolmente positivi”, per i quali i ricercatori di tutto il mondo si stanno chiedendo se il rischio contagio esista davvero. È l’epidemia di nuovo coronavirus nella Penisola descritta nel documento “Sars-CoV-2 in Italia oggi e Covid-19”, firmato da dieci scienziati tra i più noti. Spesso protagonisti anche sui media in questi mesi di emergenza sanitaria: Matteo Bassetti, Arnaldo Caruso, Massimo Clementi, Luciano Gattinoni, Donato Greco, Luca Lorini, Giorgio Palù, Giuseppe Remuzzi, Roberto Rigoli, Alberto Zangrillo.

Coronavirus, i dubbi sull’infezione

«Evidenze cliniche non equivoche – affermano i dieci big – da tempo segnalano una marcata riduzione dei casi di Covid-19 con sintomatologia. Il ricorso all’ospedalizzazione per sintomi ascrivibili all’infezione virale è un fenomeno ormai raro e relativo a pazienti asintomatici o paucisintomatici. Le evidenze virologiche, in totale parallelismo, hanno mostrato un costante incremento di casi con bassa o molto bassa carica virale. Sono in corso studi utili a spiegarne la ragione. Al momento la comunità scientifica internazionale si sta interrogando sulla reale capacità di questi soggetti, paucisintomatici e asintomatici, di trasmettere l’infezione».

Baldanti: «Chi è guarito non è più contagioso»

Un altro virologo, Fausto Baldanti del San Matteo di Pavia ha spiegato al Corriere della Sera: «Nei pazienti che hanno superato i sintomi il virus ha una carica bassa, dunque chi è guarito non è più contagioso». dati confernati da una ricerca dello stesso ospedale. Secondo cui  i “debolmente positivi” non sono più infetti. «L’abbiamo scoperto mettendo dei campioni di virus di 280 tamponi in coltura. E abbiamo visto che non è più in grado di infettare le cellule. Se non per la percentuale minima del 3% dei casi».

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