Caso Palamara, Travaglio: «Le pagine più nere di Anm e Csm dettate dal Quirinale»

24 Giu 2020 16:03 - di Francesca De Ambra
Travaglio

Come quel famoso caffè di montagna della réclame di Carosello, «più lo mandi giù e più finisce su». Più cercano di inabissarlo come semplice malcostume in toga e più il “caso Palamara” prepotentemente riemerge come spia dell’uso politico della giustizia. L’ex-leader di Unicost, cacciato come un lebbroso dall‘Anm che pure aveva guidato per anni, non vuole “pentirsi“. Segno che non ha perduto la speranza di tornare a fare il pm. Ma la sua “reticenza” non arresta l’ondata di piena maleodorante che da giorni ammorba i Palazzi di giustizia. Anzi. E il bello che a renderla addirittura inarrestabile è Marco Travaglio, uno che le manette ai polsi altrui le sogna pure la notte. E se è lui a scrivere sul Fatto Quotidiano che «le pagine più nere dell’Anm e del Csm sono state scritte alla luce del sole», vuol dire che la piena è sul punto di farsi alluvione.

Travaglio attacca Napolitano e Mattarella

E sì, perché secondo Travaglio Palamara «spesso agiva sotto dettatura del Colle, con Napolitano e pure con Mattarella». E già siamo dentro il Quirinale. Il cui Inquilino è anche il presidente del Csm. Non per niente il direttore del Fatto passa in rassegna i “vice” degli ultimi anni:  «Mancino, Vietti, Legnini, Ermini (tutti targati Pd)». Un viaggio a ritroso nel tempo, ma utile al direttore a togliersi i sassolini dalle scarpe e a riportare in auge i suoi “gioielli” in toga: Luigi De Magistris e John Henry Woodcock. Due pm, le cui inchieste si sono spesso scontrate più coi i fatti che con ostacoli interni ai loro uffici. «Non c’è bisogno di chat – scrive – per sapere che, quando De Magistris osò toccare i santuari politico-affaristico-massonici di Calabria e Basilicata, fu spazzato via prima dai suoi capi e poi dal Csm (…) con la benedizione apostolica di Napolitano».

Lo scontro tra pm sull’indagine “Milano Expo”

Quest’ultimo, prosegue Travaglio, «benedisse pure le prime azioni disciplinari contro Woodcock, pm che da Potenza a Napoli rompeva le palle al Pd, a B. (per la corruzione dei senatori) e alla Lega (per i 49 milioni rubati)». Il pm anglo-napoletano è lo stesso dello scandalo Consip che ha investito babbo Renzi. «Quando cercarono di fargliela pagare – ricorda – c’era già Mattarella». E poi c’è il capitolo Milano, dove i protagonisti dello scontro sono il procuratore Edmondo Bruti Liberati e il suo vice Alfredo Robledo. L’oggetto della contesa è l’indagine su Expo2015, revocata («scippata», scrive Travaglio) al secondo dal primo «contro ogni regola interna». Finì però che il Csm «diede ragione a chi aveva torto e punì e cacciò chi aveva ragione». L’ordine, conclude Travaglio, arrivò «dallo staff di Napolitano, con lettera su carta intestata». Palamara: più lo mandi giù, più ritorna su.

 

Commenti

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  • biagio 25 Giugno 2020

    È risaputo che in Italia la legge si applica per i nemici e s’interpreta per gli amici.
    Fate l’elenco delle non sentenze o delle assoluzioni strane, capirete tante cose.

  • federico 25 Giugno 2020

    Travaglio può ringraziare se stesso se la sinistra è stata al Governo negli ultimi 10 anni. E da quando i suoi amici grillini si sono imposti ed andati al Governo siamo passati dalla recessione al tracollo: dal Ponte Morandi all’epidemia ed al lockdown. Gli “onesti” hanno fatto un buco da 150 miliardi.