CasaPound, rigettata la tesi di Albamonte: il gip non riconosce il reato di istigazione al razzismo

10 Giu 2020 14:03 - di Adele Sirocchi

Questa mattina alcuni dirigenti di CasaPound si sono recati in Questura a Roma per ritirare il provvedimento relativo al sequestro dello stabile di via Napoleone III numero 8.

E si è scoperta così una novità importante, così riassunta dal giornale di riferimento dell’organizzazione, Il Primato nazionale: “Il sequestro preventivo viene disposto solo in relazione ai reati 633 e 639 bis del codice penale, ovvero quelli in riferimento al reato di occupazione. Il Gip Zsuzsa Mendola non ha riconosciuto il reato associativo finalizzato all’istigazione all’odio razziale, disconoscendo nei fatti buona parte dell’impianto accusatorio del Pm Albamonte”. Il gip ha sancito dunque che non sussiste l’accusa strombazzata da tutti i media contro CasaPound.  Si è fatta circolare infatti la notizia che lo sgombero avveniva perché la sede di via Napoleone III era una centrale che educava all’odio e al razzismo. Tale era la tesi del pm Albamonte, rigettata dal gip.

Per il reato di occupazione abusiva ci sono 16 indagati. “Tra i 16 indagati – precisa Il Primato nazionale – figurano solo quattro dirigenti del movimento, al 2018 residenti in via Napoleone III numero 8. Tra questi per dire non figura il vicepresidente Andrea Antonini, come invece annunciato in pompa magna da giornali e tg dopo la velina fatta uscire dalla Procura di Roma. Gli altri 12 indagati sono semplici inquilini del palazzo, tra cui figurano casalinghe, anziane vedove, novantenni disabili”.

 

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