Istat, a marzo la mortalità in Italia è cresciuta del 49,4%. Più colpita la provincia di Bergamo (+ 568%)

4 Mag 2020 16:04 - di Redazione

L’Istat ha fornito i dati sulla mortalità nel primo trimestre 2020. Emerge che la mortalità ‘diretta’ attribuibile a Covid-19 in individui con diagnosi confermata è stata di circa 13.700 decessi. Nel rapporto – in collaborazione con l’Iss – si specifica che “la diffusione geografica dell’epidemia di Covid-19 si presenta eterogenea. E’ stata molto contenuta nelle Regioni del Sud e nelle Isole. Mediamente più elevata in quelle del Centro rispetto al Mezzogiorno e molto elevata nelle regioni del Nord”.

I dati del mese di marzo

Considerando il mese di marzo – continua il rapporto – si osserva a livello medio nazionale una crescita del 49,4% dei decessi. Se si assume come riferimento il periodo che va dal primo decesso Covid-19 riportato al Sistema di Sorveglianza integrata (20 febbraio) fino al 31 marzo, i decessi passano da 65.592 (media periodo 2015-2019) a 90.946, nel 2020. L’eccesso dei decessi è di 25.354 unità, di questi il 54% è costituito dai morti diagnosticati Covid-19 (13.710).

Il 91% dell’eccesso di mortalità riscontrato a livello medio nazionale nel mese di marzo 2020 si concentra nelle aree ad alta diffusione dell’epidemia. 3.271 comuni, 37 province del Nord più Pesaro e Urbino. Nell’insieme di queste province, i decessi per il complesso delle cause sono più che raddoppiati rispetto alla media 2015-2019 del mese di marzo. Se si considera il periodo dal 20 febbraio al 31 marzo, i decessi sono passati da 26.218 a 49.351 (+23.133); poco più della metà di questo aumento (52%) è costituita dai morti riportati al Sistema di Sorveglianza Integrata Covid-19 (12.156).

Bergamo la provincia più colpita

All’interno di questo raggruppamento le province più colpite dall’epidemia hanno pagato un prezzo altissimo in vite umane, con incrementi percentuali dei decessi nel mese di marzo 2020, rispetto al marzo 2015-2019, a tre cifre: Bergamo (568%), Cremona (391%), Lodi (371%), Brescia (291%), Piacenza (264%), Parma (208%), Lecco (174%), Pavia (133%), Mantova (122%), Pesaro e Urbino (120%). Nelle aree a media diffusione dell’epidemia (1.778 comuni, 35 province prevalentemente del Centro-Nord) l’incremento dei decessi per il complesso delle cause nel periodo 20 febbraio-31 marzo è molto più contenuto, da 17.317 a 19.743 (2.426 in più rispetto alla media 2015-2019); il 47% è attribuibile ai morti risultati positivi al Covid-19 (1.151).

L’eccesso di mortalità più consistente si riscontra per gli uomini di 70-79 anni: i decessi aumentano di circa 2,3 volte tra il 20 febbraio e il 31 marzo; segue la classe di età 80-89 (quasi 2,2 volte di aumento). L’incremento della mortalità nelle donne è invece più contenuto per tutte le classi di età. Raggiunge il 20% in più della media degli anni 2015-2019 alla fine di marzo, tanto per la classe di età 70-79 che per la 90 e più.

Oltre ai circa 13.700 decessi per Covid-19, “esiste una quota ulteriore di circa altri 11.600 decessi per la quale possiamo, con i dati oggi a disposizione, soltanto ipotizzare – sottolinea il rapporto – tre possibili cause: una ulteriore mortalità associata a Covid-19 (decessi in cui non è stato eseguito il tampone), una mortalità indiretta correlata a Covid-19 (decessi da disfunzioni di organi quali cuore o reni, probabili conseguenze della malattia scatenata dal virus in persone non testate, come accade per analogia con l’aumento della mortalità da cause cardiorespiratorie in corso di influenza) e, infine, una quota di mortalità indiretta non correlata al virus ma causata dalla crisi del sistema ospedaliero e dal timore di recarsi in ospedale nelle aree maggiormente affette”.

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