Cultura di destra, un ricordo di Francesco Grisi: la battaglia per la libertà degli scrittori

9 Mag 2020 15:19 - di Massimo Pedroni

Desiderando riportare alla dovuta attenzione la figura di Francesco Grisi in occasione della ricorrenza della data della sua nascita 9 maggio 1927 avvenuta a  Vittorio Veneto, ritengo sia utile riportare tra le altre  anche la mia, seppur marginale testimonianza. Ebbi la fortunata occasione di poterlo conoscere e frequentare. Questo avvenne, poiché dopo un insieme di mie esitazioni, incertezze, ripensamenti, sciolsi gli ormeggi e decisi di  portare alla sua attenzione, un dattiloscritto.  Grazie a lui diventò il mio libro di esordio letterario con il titolo “Ferdinand”. Sono ancora onorato della presentazione che ne fece.  Ebbi modo così, di trovarmi di fronte  a un personaggio di grande spessore.

Le domande e la paglietta

L’impressione che avevo di lui, era articolata. Composita. Avvertivo, come sovente, nel suo essere presente, inaspettatamente diventasse lontano. Assorbito, da “domande?”, “interrogativi?”, “riflessioni?” che come uno sprazzo di luce lo rapivano. All’ inizio non capivo, l’oggetto di questi pensieri.  Cosa che compresi in seguito, grazie alla lettura dei suoi libri e a una maggior confidenza raggiunta. Domande, quelle che si poneva, alle quali è veramente difficile riuscire a dare risposta. Quesiti, sulla ricerca di “senso”. Sulle finalità dell’esistenza. Il tutto forgiato, al lume di una solida, quanto irrequieta fede cattolica. Il cappello di paglia, che portava assiduamente, forse non era abbastanza capiente per contenere tutte le risposte. Alcune rimanevano sospese.

Il dono dell’ironia

Di questo costante rovello, che avevo percepito con esperienza diretta, trovai circostanziata conferma leggendo i suoi libri. “Maria e il vecchio” in primis.  Grisi era un affabulatore di grande rilievo. Accompagnava il suo dire con lo sguardo dei suoi occhi chiari in fuga verso un “altrove” remoto, indefinito. Riusciva a determinare momenti di intensa riflessione tra i suoi ascoltatori. Per poi con vera e propria, istrionica maestria, alleggerire il clima con l’ironia che gli era propria. Avere in dote il dono dell’ironia, l’aiutava a superare certe “strettoie”. Era il grimaldello che  sapientemente rendeva scintillante, per sostenere le varie amarezze e disdette dell’esistenza. Uno scrittore, come Grisi, che lavorava abbandonandosi al “flusso di coscienza”, era più che presente sul fronte immaginario, di coloro i quali trasformano in“dicibile”, ciò che appare come un gomitolo inestricabile di pensieri, emozioni, sensazioni. Terreno proprio di poeti e scrittori.

Paladino del pluralismo culturale

Queste tematiche, non gli impedivano certo di sviluppare un intensa attività di organizzatore e promotore di vicende culturali. Fu un vero e proprio paladino del pluralismo culturale. Fondando, con altri intellettuali, e ricoprendone il ruolo eminente di Segretario, il Sindacato Nazionale Libero Scrittori nel 1970. L’opera che riuscì a dispiegare Francesco Grisi   a favore della  promozione di quella organizzazione fu veramente formidabile. Il Sindacato raccoglieva le migliori e qualificate energie intellettuali, che cercavano spazi di libertà e indipendenza da qualsiasi impostazione ideologica d’impronta marxista.  In quegli anni era un impresa veramente impegnativa. Ma la intensa partecipazione alla vita pubblica, Grisi la confermò anche con l’impegno politico che profuse per la nascita del nuovo soggetto politico che stava nascendo allora Alleanza Nazionale.

La grande sfida intellettuale

La sua famiglia era di origine della Calabria. Terra alla quale rimase fortemente legato. Come lo fu alla cittadina di Todi, in Umbria. Dove aveva la residenza della tranquillità agreste. In questa sede amava dedicarsi anche alla pittura  Produsse testi sia di letteratura che di saggistica. Ne citiamo alcuni: A futura memoria, Maria e il vecchio, La poltrona nel Tevere. Per la saggistica ricordiamo: La protesta di Jacopone da Todi, Scrittori cristiani volenti o nolenti, Storia dei carabinieri.  Rileggendo in questi giorni il suo libro Maria e il vecchio, ho ritrovato il Grisi attentamente presente nella sua contemporaneità,  amalgamata con le temperie dell’inquietudini esistenziali. Increspature, che per lo scrittore, non potevano non passare, attraverso l’esperienza della fede. “Da una parte c’è la vita della logica, dall’altra c’è la vita del mistero … che soprattutto per un cattolico è un problema teologico … Dio non ci viene dato tutti i giorni, è tutti i giorni che lo dobbiamo conquistare”. La protagonista Maria, è una giovane terrorista che coinvolge a sua insaputa il Prof Francesco Malaparte (alter ego dell’autore), nella sua attività . Come minimo il professore s’invaghisce di lei. Da questa  piattaforma letteraria, in  Maria e il vecchio , l’autore fa decollare  alcune  riflessioni, che a uno sguardo superficiale, possono apparire fuori contesto. In realtà, prendeva  il lettore in contropiede. Lo portava su territori alti, ripidi poco frequentati. Per far  condividere il suo profondo sentire. Ne danno prova tra i tanti passaggi uno che troviamo in “Maria e il vecchio”: “Dio lavora nell’eternità. Una mia amica mi diceva che è il cerchio senza confini e quindi senza centro. Leggevo che dona agli uomini il presente che è il punto dove il tempo dell’uomo tocca l’eternità. Vedi. Dio esiste come eternità e il diavolo  come storia”.  Alla luce di un trionfante “pensiero debole”, le considerazioni di Grisi, che si spingeva a  parlare addirittura del diavolo, costituivano l’ennesima limpida sfida intellettuale come gli era abituale fare.

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