Braccianti, non solo migranti. Ci sono 20mila italiani pronti al lavoro nei campi

11 Mag 2020 16:20 - di Redazione

Chi l’ha detto che gli italiani non vogliono fare i braccianti? Complice la crisi nera in cui l’Italia sta entrando a causa del Covid, circa 20mila italiani si sono fatti avanti. E si sono registrati presso le principali organizzazioni agricole. Un numero inferiore ai 200mila che sono necessari. Ma un numero rilevante, tale da sfatare la leggenda secondo cui gli italiani non vogliono fare i lavori pesanti degli immigrati. In Italia i lavoratori stagionali stranieri impiegati nel settore sono 370mila, in maggioranza rumeni, ma anche marocchini, indiani, senegalesi.

Non solo gli stranieri, comunque, sono disposti a un impiego nella filiera agricola. La notizia l’ha data il Corriere, specificando che si tratta di italiani che hanno perso il lavoro precedente all’emergenza coronavirus. Le organizzazioni agricole hanno creato piattaforme per vedere chi rispondeva alle offerte di lavoro delle aziende visto che i lavoratori  stagionali sono bloccati nei loro paesi.

Le domande nella filiera agricola

“La prima, il 7 aprile – scrive il Corriere –  è stata Confagricoltura: in poco più di un mese alla piattaforma Agrijob sono arrivate 17 mila domande, 12 mila circa di italiani. Il 18 aprile anche Coldiretti ha lanciato la sua banca dati: a Jobincountry si sono iscritti in 10 mila circa, quasi 9 mila italiani. Il 24 aprile è partita anche la Cia con la piattaforma Lavora con agricoltori italiani (inteso come aziende agricole): in due settimane sono arrivate 2.500 domande, 2 mila circa di italiani. In poco più di un mese, quindi, oltre 20 mila italiani (un terzo donne), hanno provato ad avvicinarsi ai campi. Qualcuno aspetta risposte, altri dopo due giorni hanno cambiato idea, ma in tanti ora raccolgono frutta e verdura”.

Le proposte di Confagricoltura

Com’è noto il governo pensa a una sanatoria dei braccianti irregolari, tutti stranieri, e sul tema c’è una spaccatura interna alla maggioranza tra M5s e Pd. Ma Confagricoltura aveva lanciato l’allarme già a fine marzo e il suo presidente, Massimiliano Giansanti, aveva avanzato un’altra proposta: far lavorare nelle aziende agricole, attualmente a corto di manodopera, chi percepisce il reddito di cittadinanza. Confagricoltura aveva anche chiesto maggiori aiuti al settore agroalimentare e la reintroduzione, solo momentanea, dei voucher per i lavoratori del settore.

 

 

Commenti

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  • Marco Mauri 11 Maggio 2020

    *l’assoluta assenza di investimenti.

  • Marco Mauri 11 Maggio 2020

    No, gli italiani non sono disposti a fare lavori pesanti per salari da fame; viceversa,
    lo straniero, abituato a livelli di vita decisamente più modesti, si presta docilmente ad una pratica di sfruttamento bestiale. Sarebbe opportuno indicare il rapporto esistente tra domanda di lavoro insoddisfatta e quota di disoccupati attualmente in cerca di un lavoro. Ci renderemmo conto che la domanda di lavoro è ben poca cosa rispetto alla moltitudine di persone in cerca di un’occupazione. E se sei in cerca di un lavoro dignitoso, farai fatica a trovarlo – come, ad esempio, nel settore agricolo – dove, il razzismo dei buoni può attingere da un bacino di disperati stranieri – ontologicamente sradicati – disposti a lavorare in condizioni miserabili. In sostanza si istituisce una guerra tra poveri che determina una pressione salariale al ribasso. Il problema non è il migrante in sé, ma il sistema, che celandosi dietro il consueto paravento etico-umanitario promuove l’invasione di migranti )o deportazione mascherata) al solo scopo di tenere in vita condizioni indegne di lavoro che finiscono per colpire indistintamente tutti: autoctoni e stranieri. Il problema è il neoliberismo, l’austerità imposta da una folle logica europea; l’assoluta di investimenti.