Servono subito soldi veri, non prestiti. La Germania ha già fatto i bonifici, noi?

15 Apr 2020 16:32 - di Riccardo Pedrizzi

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.

La maggioranza litiga, si azzuffa sul Mes, più o meno light. Ma intanto l’Italia agonizza e gli imprenditori assistono a questo imbarazzante balletto di polemiche incrociate, dentro e fuori il governo ma anche all’interno dell’opposizione, su quale strumento utilizzare per provare a ripartire con un minimo aiuto della Ue.

Sui coronabond la partita è ancora aperta, ma difficilissima. E soprattutto, non immediata nonostante tutti invochino decisioni rapide, concrete e soprattutto immediatamente operative. Non bastano – si dice da più parti – né la liquidità della Bce né i finanziamenti previsti dal governo italiano, che a tutti gli operatori di qualsiasi settore merceologico appaiono insufficienti e difficili da ottenere e da restituire una volta erogati. In particolare quel che preoccupa sono la tempistica e gli adempimenti burocratici.

Altri, in Europa, hanno immediatamente distribuito soldi “veri”. La Germania li ha fatti arrivare nei conti correnti bancari dei suoi operatori economici, la Svizzera sta impiegando solo 48 ore per pompare risorse nel proprio tessuto imprenditoriale, per non parlare di Francia e degli Usa.

C’è dunque non solo da evitare di essere soppiantati dalla concorrenza estera ma soprattutto di risolvere i problemi urgenti di liquidità immediata per la stessa sopravvivenza dell’impresa, che come ha dichiarato dal suo canto il procuratore nazionale antimafia Cafiero De Raho,potrebbero essere facile preda della criminalità organizzata.

I prestiti, a bene vedere, sono strumenti fragili. Nel caso di garanzia al 90% l’importo del prestito, sottoposto a valutazione delle banche che non si sa ancora quanto tempo impiegheranno nella istruttoria, non potrà superare il 25% del fatturato del 2019 oppure il doppio dell’importo annuo dei salari sempre del 2019.
I mini prestiti fino a 25 mila euro garantiti al 100% non potranno superare il 25% dei ricavi che dovranno superare perciò i 100 mila euro al di sotto dei quali scende il finanziamento. Infine, òa restituzione dei prestiti dovrà avvenire entro i 6 anni, perché “ce lo chiede l’Europa”.

È evidente che 6 anni di ammortamento sono pochi perché almeno 3 serviranno a recuperare il crollo dell’attività ed i rimanenti 2-3 anni metteranno sotto pressione l’impresa ed impediranno investimenti, oltre a rappresentare un handicap di tipo competitivo. L’importante resta però sempre l’erogazione di liquidità necessaria a tenere in piedi le varie filiere produttive e distributive.

Per questo non possiamo aspettare il prossimo vertice europeo di fine aprile ma bisogna porre mano subito anche a strade alternative come quella indicata da economisti, banchieri ed esponenti politici, secondo i quali si potrebbe finanziare la ricostruzione della nostra economia reale con un prestito “libero” e non forzoso, a lungo termine, garantito dal consistente patrimonio dell’Italia, sottoscritto dai risparmiatori italiani che detengono soldi liquidi presso il sistema bancario per oltre 4200 miliardi di euro.

Serve fiducia, quello che lo Stato italiano chiede ai cittadini ma che al momento mostra di non meritarsi, a fronte dei tanti sacrifici chiesti.

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