«Ora vogliono l’aborto a domicilio»: Pro Vita all’attacco di Boldrini, Saviano e Cappato
“L’aborto è un diritto delle donne per quelle associazioni che difendono la legge 194 e che chiedono che venga garantita l’applicazione anche in questo momento di emergenza per il coronavirus. A causa degli ospedali intasati per facilitare la “pratica” hanno chiesto interruzioni di gravidanza farmacologiche senza ricovero che significa, in soldoni, la ‘giungla del fai da te’”.
Ma come? I radicali e la Bonino non avevano combattuto estenuanti battaglie per far terminare gli aborti in casa che causavano la morte anche delle donne e adesso invece chiedono un ritorno al passato?Un rischioso precedente che appare inconciliabile con lo spirito della legge stessa e con la salute della donna” hanno dichiarato Toni Brandi e Jacopo Coghe, presidente e vice presidente Pro Vita & Famiglia, onlus pro life già organizzatrice del Congresso delle Famiglie di Verona, sulle polemiche intorno alla pillola Ru486 direttamente a casa.
“Ovviamente – hanno aggiunto Brandi e Coghe – non mancano le adesioni dei soliti “testimonial” delle battaglie abortiste, come Roberto Saviano, Laura Boldrini, Marco Cappato, Livia Turco, che da esperti quali sono in materia sanitaria, chiedono anche di allungare i tempi per l’aborto con la Ru486 da sette a nove settimane. D’altronde scrittori, politici, che ne sanno di cosa significhi praticare un aborto, così dal loro divano di casa suggeriscono con i loro sodali le interruzioni “totalmente da remoto” con la telemedicina” e il problema è risolto” Questi esperti da divano nemmeno si rendono conto di quanto sia pericolosa per la salute delle donne la pillola RU486, più rischiosa di un aborto chirurgico e per questo il servizio sanitario la somministra in regime di day hospital”.
Brandi ha poi concluso con un sospetto: “La realtà è che ben prima del Coronavirus il numero dei medici obiettori era in continuo aumento. Saltare di fatto il medico per fare un aborto può essere la soluzione che gli abortisti cercano. Peccato che oggi come domani daremo battaglia, perché questo significherebbe non rispettare la prima parte della legge sulla tutela della maternità e sulle pratiche per disincentivare l’interruzione di gravidanza”.