Il monito del Papa: «Occorre smettere di orbitare intorno al proprio io»
Il Papa torna a impartire lezioni morali. Non lasciamoci paralizzare dalle delusioni della vita, guardare alla “realtà più vera”. È quanto ammonisce Bergoglio al Regina Coeli trasmesso via streaming dalla Biblioteca Apostolica per l’emergenza coronavirus. Attingendo dal Vangelo del giorno che racconta il viaggio dei due discepoli di Emmaus, il Pontefice spiega che si tratta di una “storia che inizia e finisce in cammino. C’è infatti il viaggio di andata dei discepoli che, tristi per l’epilogo della vicenda di Gesù, lasciano Gerusalemme e tornano a casa, a Emmaus, camminando per circa undici chilometri. E un viaggio che avviene di giorno, con buona parte del tragitto in discesa. E c’è il viaggio di ritorno: altri undici chilometri, ma fatti al calare della notte, con parte del cammino in salita dopo la fatica del percorso di andata. Due viaggi: uno agevole di giorno e l’altro faticoso di notte”.
Due viaggi dei quali, spiega Bergoglio, “il primo avviene nella tristezza, il secondo nella gioia. Nel primo c’è il Signore che cammina al loro fianco, ma non lo riconoscono; nel secondo non lo vedono più, ma lo sentono vicino. Nel primo sono sconfortati e senza speranza; nel secondo corrono a portare agli altri la bella notizia dell’incontro con Gesù Risorto”. Un racconto che serve al Pontefice per ammonire i fedeli: ” I due cammini diversi di quei primi discepoli dicono a noi, discepoli di Gesù oggi, che nella vita abbiamo davanti due direzioni opposte: c’è la via di chi, come quei due all’andata, si lascia paralizzare dalle delusioni della vita e va avanti triste; e c’è la via di chi non mette al primo posto se stesso e i suoi problemi, ma Gesù che ci visita, e i fratelli che attendono la sua visita. Ecco la svolta: smettere di orbitare attorno al proprio io, alle delusioni del passato, agli ideali non realizzati, e andare avanti guardando alla realtà più grande e vera della vita: Gesù è vivo e mi ama. L’inversione di marcia è questa: passare dai pensieri sul mio io alla realtà del mio Dio”.
Caro Papa, sara’ anche vero, ma chi oggi lotta per riuscire a lavorare in un modo che tu tra gli altri ha voluto “globalizzato” non ha vita facile.
Se ognuno di noi riesce a portare del pane – e di questo tu non te ne rendi conto – significa che sta facendo qualcosa di buono. Quel buono non e’ fine a se’ stesso, e’ un meccanismo che fa funzionare i doni di Dio attraverso la scelta dell’uomo di impegnarsi in modo responsabile. I vantaggi di uno che fa funzionare se’ stesso si propagano sugli altri fratelli perche’ chi “fa” chiama in causa gli altri e i doni e le capacita’ degli altri, mettendole al lavoro, con condivisione di vedute e sacrifici.
Tu invece che ci chiami alla Carita’ soltanto e a guardare agli altri prima di noi, non stai mandando un messaggio che costruisce alcunche’: e’ un messaggio de-responsabilizzante, anti-cristiano (contro l’impegno che il Cielo ci chiede), e privo di concretezza d’azione.
L’ho sperimentato anche su me stesso, parlare e studiare non sono sufficienti. Bisogna provare a FARE insieme agli altri prima di dettare dottrine, perche’ e’ solo mettendoti alla prova, e provando a CONSEGUIRE che si puo’ produrre qualcosa per se’ e per gli altri.
Consiglio a te di ascoltare chi tra i tuoi sacerdoti ha provato quanto dico, invece di farci delle prediche CHE SONO PRIVE DELLA RESPONSABILITA’ UMANA, prediche che NON CONSIDERANO I DONI DI DIO, prediche che sembrano rivolte a degli ANIMALI invece che a delle PERSONE.
Chiamaci agli Insegnamenti del Signore, parlaci della Sua Volonta’, e non stravolgere la Strada che Lui ci chiede di seguire per trarre le tue solite conclusioni da moralista ateo: non e’ questo che voglio sentire dal mio Papa, perche’ non somiglia a quanto apprendo dai Vangeli.
Smetti di parlare, uomo del sinedrio. Tu sei sempre per liberare Barabba!!!!