Il coronavirus risveglia il partito della “decrescita felice” e dell’impoverimento di massa

18 Apr 2020 15:20 - di Souad Sbai
coronavirus

Hasta la pandemia siempre. Il Coronavirus ha dato nuovo impulso al partito transnazionale della cosiddetta “decrescita felice”. Negli ultimi anni, le prediche ideologiche contro il capitalismo e le diseguaglianze da parte di accademici, economisti, politici, giornalisti e attivisti, avevano perso slancio e vigore. Con relativa depressione anche in termini d’iniziativa e presenza mediatica.

La pandemia è stata dunque accolta come un’occasione provvidenziale di rilancio. Attraverso l’adattamento al caso specifico della retorica da libretto e delle frasi fatte di sempre. Circolate ampiamente sui social  quale riflesso condizionato delle menti e dei cuori di una fetta significativa della popolazione mondiale.

Al partito della “decrescita felice” corrisponde infatti un sentire molto diffuso. Che si è riattivato prontamente e in maniera inconscia, come a comando, nell’ambito della riflessione e del dibattito sullo scoppio del contagio. Ecco allora decantare la presunta “democraticità” del virus, che colpisce allo stesso modo ricchi e poveri (alcuni lo hanno paragonato alla “livella” di Totó).

Un virus giunto con l’obiettivo di punire l’umanità per il proprio stile vita; per i ritmi frenetici della quotidianità; persino una “rappresaglia della natura”, che chiede “il nostro pentimento”. Si è letto e ascoltato di tutto sui social e su quel gigantesco hub di messaggi testuali e video che è diventato WhatsApp. “Che abbiamo combinato!”. Alla fine, “siamo stati noi”, come campeggia sul mitico “blog” di Beppe Grillo: l’avanguardia italiana del partito della “decrescita felice”.

Grillo e il reddito universale

La realtà, come se Wuhan non fosse mai esistita, è evaporata in una serie di vacui slogan e strumentalizzazioni. Che hanno preso compiutamente forma nella richiesta di un “reddito universale” come soluzione per affrontare la grave crisi economica in corso.

“È arrivato il momento… reddito universale adesso!”, dice Grillo. Pubblicizzando l’appello del quotidiano britannico Independent, siglato da oltre 500 “accademici e figure pubbliche”, tra cui il deputato del Movimento Cinquestelle, Claudio Cominardi, già sottosegretario al Ministero del Lavoro ai tempi dell’introduzione del reddito di cittadinanza.

Cominardi, indicato da Grillo come esempio d’intellettuale contemporaneo, invoca un ripensamento del “paradigma sociale”; puntando immancabilmente il dito, secondo copione, sul “sistema iperliberista” di sfruttamento che ci fa lavorare troppo ma guadagnare poco, rendendoci così infelici. Mentre l’1% della popolazione mondiale si gode più del doppio della ricchezza posseduta dai restanti 6,9 miliardi di persone.

Tuttavia, il conferimento di un “reddito di base incondizionato”, quindi sganciato dallo svolgimento di lavoro effettivo per il suo conseguimento, è la ricetta per rendere sostenibile la “decrescita felice”; nel senso della de-industrializzazione e dell’impoverimento di massa.

“Utopia?”, si chiede Cominardi? Peggio, è una pessima idea, a cui le stime di decrescita “impietosa” dell’economia stanno dando manforte. Insieme all’assenza di una risposta adeguata da parte di coloro che, nel mondo della politica e della cultura, non guardano certo con favore a una riedizione in salsa italiana della Cuba dei fratelli Castro.

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