“Fossa comune” a Milano. 61 croci bianche uguali, come nei cimiteri di guerra: il triste addio ai caduti del coronavirus
Milano (quasi) come New York. Una fossa comune. E croci bianche che spuntano dalla terra. Tutte rigorosamente uguali. Come le lapidi dei cimiteri di guerra. 61 per l’esattezza. E tutte in qualche modo apparentate dalla strage del virus. Segno che davvero la morte omologa e annulla differenze e privilegi. E segno dei tempi. Tempi piegati al coronavirus. Spezzati dalla fredda fretta che induce a chiudere. Archiviare. Seppellire in velocità le vittime del Covid-19. Quelle di cui i familiari non hanno ancora potuto reclamare le spoglie… Succede a Milano, con sommo dolore e sconcerto di chi credeva che cose del genere non potevano che accadere oltreoceano. Nel Bronx di New York, lontano anni luce dalla nostra realtà. E invece no. Come riferisce il sito de Il Giornale che rilancia la notizia pubblicata da Repubblica, , succede anche da noi, in qualche modo. E con i dovuti distinguo, certo. Succede nella martoriata Milano, preda di un virus selvaggio che furoreggia. Semina morte e angoscia. Disperazione e smarrimento…
“Fossa comune” a Milano: ecco dove riposano 61 vittime del coronavirus
Dunque, da oggi, le fossi comuni che tanto ci hanno scandalizzato nel vedere le disarmanti immagini che arrivavano da New York, ci sono in qualche modo anche a Milano. Più precisamente, come riporta il sito del quotidiano diretto da Sallusti, nel cimitero Maggiore alla periferia della città, dove sono state sepolte «60 vittime del coronavirus». A rendere gli onori del rito funebre, delle croci bianche e, sopra, nomi e data dei defunti. È questo il quadro che si presenta al campo 87, al cimitero Maggiore di Milano, che accoglie le salme dei caduti nella strage del coronavirus. E allora, come scrivono i quotidiani sopra menzionati, «al campo 87, ci sono decine di posti dedicati ai caduti lontani dai propri cari». Quelli che non hanno potuto essere accompagnati da nessun congiunto nelle ultime ore di vita. Quelle che non hanno potuto ricevere l’addio di un proprio caro. Che non hanno stretto la mano di qualcuno che amavano prima di andarsene per sempre.
Un luogo unico, che riunisce le persone morte a causa della pandemia
Sono le 61 vittime di coronavirus. Che, come sottolinea anche Il Giornale, «ora si trovano lì. Dove sono state seppellite solamente alla presenza di dipendenti del comune, perché i parenti non hanno potuto reclamare le spoglie dei defunti entro i 5 giorni previsti dalle ordinanze e organizzare il funerale. Magari perché si trovavano in terapia intensiva. O in quarantena, a loro volta colpiti dal Covid-19». Una cosa sconcertante. Che disorienta e scuote, drammaticamente. Esattamente come quando ripensiamo alla fossa comune di Hart Island, a New York, dove ogni giorno vengono seppellite decine di corpi. Anche se, spiega il quotidiano milanese, «a Milano la situazione è ben diversa. Campo 87, infatti, non ha niente a che vedere con una fossa comune: si tratta di un luogo unico, che riunisce le persone morte a causa della pandemia, ma ogni salma è ben divisa e individuabile rispetto alle altre». Il che vuol dire almeno che, una volta liberi da questa terribile situazione emergenziale, i parenti delle vittime sepolte oggi, potranno chiamare il Comune per individuare il luogo di sepoltura del proprio caro. E a quel punto dirgli addio con amore. Secondo le modalità scelte dalla famiglie, o in rispetto delle ultime volontà del caro estinto.