Evola e le rovine. Restare in piedi o fare tabula rasa? Un libro di Consolato sulle vie evoliane alla modernità
Evola e le rovine. Difficile districarsi tra le vie evoliane per vivere in modo fecondo la modernità, mantenendo un’incrollabile opposizione interiore. Di qui l’importanza dello studio di Sandro Consolato, appena pubblicato in questi mesi di grande disorientamento. S’intitola Le tre soluzioni di Julius Evola (Arya edizioni Genova, pp. 208, euro 22) ed è il terzo libro dedicato dall’autore al pensatore della Tradizione. Gli altri due testi sono Evola e il Buddhismo (1995) e Evola e Dante (2014).
Una raccolta di saggi
Una raccolta di saggi tra cui spicca il primo, il più approfondito e illuminante. In esso l’autore rintraccia attraverso tre opere evoliane (Imperialismo pagano, Rivolta contro il mondo moderno e Cavalcare la tigre) le strade da intraprendere per contrastare in modo attivo la corruzione dell’Occidente. Le tre soluzioni appunto. La prima soluzione è il “ribellismo ascetico”. E’ la via di coloro che “mantengono sotterraneamente le linee di vetta. Non appartengono a questo mondo. Pur essendo sparsi sulla terra e spesso ignorandosi a vicenda sono uniti invisibilmente e formano una catena infrangibile nello spirito tradizionale” (Citazione da “Rivolta contro il mondo moderno“). Sono coloro che “vegliano”, “punti luminosi in un mondo di agitazione e di nebbia”.
Cavalcare la tigre
Vi è poi la strada di chi sente un bisogno di ribellione e va adeguatamente orientato per “prepararsi allo slancio che porti oltre l’onda ultima”. E’ la seconda soluzione. Vi è poi la terza soluzione, quella del tipo umano che “cavalca la tigre”. La missione è quella di “portare in fondo con purità di cuore e con luce i processi più distruttivi in moto nell’era moderna a fine di consumare ciò che appartiene a queste età agoniche“. (citazione da “Rivolta contro il mondo moderno”).
In “Cavalcare la tigre”, opera che esce nel 1961, Evola rivide la sua prospettiva, prese atto che in Italia nel mondo di rovine spirituali e materiali vi sono gruppi di giovani “che non si erano lasciati trascinare dal crollo generale”. E’ così che le vie puramente individuali sopra descritte di intersecano con la via attiva della politica.
Un terreno che resta precluso all’iniziato, al vegliante, al tipo simile all’anarca jungeriano, ma che resta tentativo da esperire senza compromessi con la triade borghese e da Evola disprezzata del “Dio, Patria, famiglia”. Si tratta di un’azione da svolgere sul piano puramente intellettuale, un’azione “utile per impedire che la realtà attuale chiuda non solo materialmente ma anche idealmente ogni orizzonte. Attraverso costoro possono mantenersi delle distanze , altre dimensioni possibili, altri significati della vita, indicati a chi sia capace di distogliersi…”. (citazione da Cavalcare la tigre)
Il nichilismo attivo
Ma non è la politica la soluzione di chi “cavalca la tigre”. L’espressione rimanda a un “nichilismo attivo”, all’accettazione della condizione dell’uomo moderno di essere privo di radici e privo (come direbbe Heidegger ) di un dialogo con l’Essere. Questo orizzonte è proprio dell’uomo differenziato, che possiede anche una lontana parentela con il “soggetto radicale” elaborato da Alexandr Dugin.
Evola e le donne
Sandro Consolato è molto abile nella sua analisi filologica dei testi evoliani nel non prendere posizione, nel non sostituirsi a Evola nell’indicare quale soluzione sia preferibile. Ciò rende estremamente interessante la lettura del suo saggio, ricco anche di curiosità come gli articoli su Evola e la questione femminile (“feminile” nel lessico evoliano) e su Evola e le prostitute. Il primo scritto, anch’esso molto godibile, ci rappresenta l’itinerario di un Evola indiscutibilmente misogino che passa dal disprezzo per la figura della donna all’auspicio di una “liberazione” della stessa che prende vie molto diverse dal femminismo. Questo tipo femminile è indipendente e libero dal punto di vista sessuale, non conformista, possiede lealtà e coraggio ed è dotato di una forte personalità. Insomma Evola pensa a “una ragazza che abbia raggiunto una propria forma interna”.Quanto alla vocazione materna, Evola non la apprezzava certo al pari della vocazione “eterica” (categorie mutuate da Bachofen e dal suo Il Matriarcato) che certo doveva sembrarle, dati i trascorsi giovanili di ribelle dadaista e stirneriano, più confacente ai suoi orizzonti di “nichilista attivo”.
Difficile inquadrare il filosofo: apprezzava del Fascismo solo il ripristino di ordine e legalità; aderì al Regime per convenienza, più che per convinzione. Fu censurato per le pressioni degli ambienti cattolici per “Imperialismo pagano”, titolo che rivelava le idee dell’autore, ma anche per l’opera ambigua “Metafisica del sesso”. Scrisse un saggio sulla “Legge Merlin”, in cui esaltava l’emancipazione della donna nella società scandinava. Dopo il ’68 fu marchiato come “fascista”: paradossalmente i suoi contestatori seguivano la libertà sessuale e l’uso di stupefacenti, ignorando il valore trascendentale che Evola attribuiva a queste pratiche che aveva sperimentato rischiando l’auto-distruzione, come raccontò nella sua biografia.