E’ morto Giuseppe Salmeri, custode prezioso della memoria della destra italiana
A Catania, nell’ambiente, il cosiddetto ambiente, Giuseppe Salmeri detto Peppino era arcinoto. A Roma, sempre nel cosiddetto ambiente, lo era altrettanto. E che vuoi dire quando uno così se ne va all’improvviso, nel giorno di venerdì santo? E’ una cosa bruttissima, come se fosse venuto giù un pezzo della casa di famiglia, dove si sono incontrate generazioni e dove hanno accumulato oggetti e ricordi.
E basterebbe questa espressione, per dare l’idea di chi fosse: lo conoscevano tutti. Perché Giuseppe Salmeri, 71 anni, nato ad Acireale, ex Fuan di Catania, archivio vivente della destra, collezionista di tutti i più periferici fogli anticonformisti editi nei più sperduti centri italiani, si faceva notare, e benvolere, per la sua passione, per la sua educazione, per il suo amore per la politica. Dove si presentava un libro, Peppino c’era. Dove c’era un convegno sulla cultura di destra, Peppino c’era. E c’era quasi tutti i pomeriggi alla Libreria Europa di Enzo Cipriano, avido di novità, amabile e colto conversatore. Leggeva Il Foglio e Il Secolo e a seguire tutti gli altri giornali. Li ritagliava. Li conservava. Ne faceva pezzi del suo vivace e ricco laboratorio di idee.
Era uno dei pochi che avesse davvero letto l’Opera Omnia di Benito Mussolini. Era convinto del carattere italianissimo e inimitabile del fascismo italiano. In questo seguace delle tesi di De Felice. Ammirava e conosceva molto bene Guareschi. Parlava con affetto di Adriano Romualdi. Con competenza degli intellettuali francesi del “fascismo immenso e rosso”, ma anche della storia del Pci e della Dc. Parlava con rammarico di coloro che avevano lasciato il Msi per fondare Democrazia nazionale. Con comprensione dei colonnelli di An e dei loro errori. Con indulgenza dei cosiddetti “camerati che sbagliano”.
Leggeva tantissimo e continuamente (la moglie Annamaria racconta che si è sentito male mentre era immerso nella lettura, il modo migliore di andarsene per uno come lui). Giuseppe Salmeri era uno che stava “dentro”. Una presenza insostituibile. Che non sgomitava e non voleva apparire ma una presenza di cui comprendevi subito il valore. Che conosceva davvero il suo mondo, la sua storia, i suoi umori, i suoi errori. Lo conosceva profondamente. Perché ne era parte, e una parte importante. Il suo archivio, la documentazione che aveva accumulato negli anni, sono strumenti indispensabili per chi voglia studiare la destra italiana.
Di lui l’amico Adolfo Urso ha scritto su Fb: “Ha segnato la storia di molti giovani siciliani che militavano come noi a destra in quegli anni difficili e, poi, a Roma dove si trasferì e dove ha insegnato per anni al Convitto. Nella Sicilia degli anni Settanta, lo si incontrava sempre con un fascio di giornali sotto il braccio, li leggeva, li ritagliava, li conservava, spesso li segnalava a noi più giovani perché comprendessimo il valore delle informazioni e quindi della conoscenza. Con lui provammo anche a scrivere un libro di cui ho ancora una traccia in qualche angolo disordinato della mia memoria. Lo ricordo con grande affetto e con tanti rimpianti perché negli ultimi anni ci eravamo persi di vista, come spesso accade nella vita, anche se il mio pensiero per lui e per la sua splendida famiglia è sempre rimasto immutato”.
La sua splendida famiglia. Peppino adorava la sua famiglia. Sua moglie Annamaria e le tre figlie Serena, Cristiana e Francesca. I suoi nipoti (una nata qualche giorno fa). Amava il quartiere dove viveva, la Balduina. Dove era, per tutti, “il professore”. Un’istituzione. Mancherà a tutti, perché amava la vita e la parola. Coltivava le relazioni e, in una società di indifferenti, uomini così sono preziosi perché arricchiscono il prossimo, danno senso a giornate tutte uguali.
Ciao caro Peppino, ciao professore. Sei andato via troppo presto.
esempio sublime per tanti che oggi si avvicinano alla destra ricca di valori politici e morali. grazie Professore.
art