Coronavirus, Usa: uno studio su macachi conferma l’efficacia dell’antivirale remdesivir
È ancora presto per parlare di svolta nella lotta al Covid-19. Ma uno studio sui macachi sembra confermare i primi dati sull’efficacia dell’antivirale remdesivir nel prevenire la progressione del virus. «Il trattamento precoce con l’antivirale ha ridotto significativamente la malattia e il danno ai polmoni dei macachi infettati con Sars-CoV-2». A spiegarlo sono i ricercatori del National Institute of Allergy and Infectious Diseases (Niaid) americano. Gli stessi che hanno pubblicato i risultati preliminari del lavoro sulla piattaforma online gratuita BioRxiv.
La ricerca ha coinvolto due gruppi di sei macachi
La ricerca ha coinvolto due gruppi di sei macachi. Al primo è stato iniettato il remdesivir, mentre al secondo, che è servito come gruppo di confronto, no. Gli scienziati hanno infettato entrambi i gruppi con Sars-CoV-2. Dodici ore dopo hanno iniettato al primo gruppo una dose di remdesivir per via endovenosa, e successivamente una dose di richiamo una volta al giorno per i successivi sei giorni. Ebbene, gli scienziati hanno trovato che i sei trattati stavano «significativamente meglio» rispetto al gruppo non trattato. Una tendenza che è continuata durante lo studio di sette giorni. «Uno dei sei animali trattati ha mostrato una lieve difficoltà respiratoria, mentre tutti gli animali non trattati hanno mostrato una respirazione più difficile».
Quelli cui è stato iniettato il farmaco non hanno evidenziato danni ai polmoni
«La quantità di virus trovata nei polmoni – aggiungono gli autori – era significativamente più bassa nel gruppo che ha ricevuto il remdesivir rispetto all’altro gruppo. Inoltre Sars-CoV-2 ha causato meno danni ai polmoni negli animali trattati rispetto agli animali non trattati». I ricercatori hanno progettato lo studio per analizzare le procedure di dosaggio e trattamento del farmaco. Avevano già sperimentato entrambe nei pazienti ospedalizzati con Covid-19 in un ampio studio multicentrico condotto da Niaid. Gli scienziati non ancora sottoposto i risultati alla revisione “tra pari”. Al momento, la scienza medica non li considera «come raccomandazioni cliniche per i medici», ma la loro condivisione può «aiutare i clinici che stanno lottando contro Covid-19».