Coronavirus, lo starnuto sparge l’infezione oltre 8 metri: un nuovo studio ricalcola la distanza di sicurezza

1 Apr 2020 17:06 - di Redazione
coronavirus e starnuto foto Ansa

La relazione tra la propagazione del virus e lo starnuto è dal primo istante un punto nodale. Il fulcro su cui la ricerca scientifica si sofferma con analisi ed esperimenti. Ora, proprio in questo ambito, un nuovo studio americano sottolinea nuove rilevazioni. E traccia altrettante linee di condotta che ne conseguono. E il primo risultato è il ricalcolo della distanza sociale di sicurezza. Della capacità di diffusione delle goccioline contagiose. E, dunque, l’allerta per nuove misure di sicurezza rispetto a quelle attualmente definite. Misure che, sollecita la ricerca, potrebbero non essere più consone.

Coronavirus e starnuto: uno studio Usa cambia i dati sulle misure di sicurezza

Dunque, come sempre in casi come quello che stiamo vivendo di pandemia globalizzata, si parte dalla prevenzione. O meglio, dagli studi da cui è conseguita tutta una serie di misure precauzionali indispensabili per evitare la facile diffusione del virus che si vuole combattere. Ora, a riguardo, come scrive il Corriere della sera in queste ore, e rilancia a stretto giro Il Giornale in un servizio sulle nuove acquisizioni di uno studio americano, «la rapida diffusione del nuovo coronavirus in diversi Paesi del mondo ha posto diversi interrogativi sulle forme di contenimento della malattia. E, soprattutto, sulle sue capacità di trasmissione da una persona all’altra. Secondo quanto riportato dal Corriere della sera, un recente studio pubblicato sulla rivista medica americana Jama, sta indagando sulla velocità. Permanenza in aria. Distanza percorsa dalle goccioline di saliva, emesse attraverso uno starnuto da pazienti che possono trasmettere malattie infettive. Come, appunto, l’attuale Covid-19».

La premessa di base dello studio del Mit

Nel nuovo approccio seguito per la ricerca, Lydia Bourouiba del Massachusetts Institute of Technology di Cambridge, è partita da una considerazione: lo studio e l’analisi della trasmissione aerea di queste malattie si basa ancora oggi su modelli di studio sviluppati negli anni ’30. Cosa che comporterebbe una eccessiva semplificazione degli standard. In poche parole, la ricercatrice del MIT, ha cominciato il suo lavoro partendo dalla necessità di andare oltre un metodo che risale a studi sulla tubercolosi che avevano distinto le ormai famosissime droplets , cioè le goccioline respiratorie, semplicemente in “grandi” e “piccole”.

Goccioline “grandi” e “piccole”: una differenza dirimente

Ora, partendo proprio dalle goccioline, i ricercatori hanno notato subito che, quelle “grandi” si depositano più velocemente di quanto evaporino. Rivelando una capacità di resistenza capace di contaminare le immediate vicinanze dell’individuo infetto. Mentre, all’opposto, dropltes “piccole”, piuttosto che depositarsi evaporano sotto forma di micro particelle, denominate “nuclei di goccioline” o “aerosol”. Dunque, le strategie di controllo della diffusione del virus e dei contagi, sono state definite proprio a partire dall’analisi delle goccioline: vettore principale di una malattia infettiva respiratoria. Ora questo protocollo di studio rimane sempre attuale.

Standard e protocolli condivisi

E, come riportano i quotidiani sopra citati, «è tuttora al centro dei sistemi di classificazione delle vie di trasmissione delle malattie respiratorie. Quelli adottati dall’Organizzazione mondiale della Sanità. Come da altre agenzie, tipo, per esempio i Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie». Ma, a questo punto, lo studio delle dimensioni delle droplets diventa dirimente. E, come sostenuto dalla ricerca americana, «l’uso di classificazioni di dimensioni arbitrarie potrebbe non riflettere accuratamente ciò che si verifica effettivamente con le emissioni respiratorie, contribuendo quindi all’inefficacia di alcune procedure utilizzate per limitare la diffusione (con particolare attenzione nelle strutture ospedaliere)».

Tempo e raggio d’azione delle droplets

Dunque? Stando a quanto fin qui appurato ancora recentemente, le esalazioni. Lo starnuto. La tosse, non diffondono soltanto goccioline a corto raggio, ma sono principalmente costituiti da una nuvola di gas che “intrappola” e trasporta al suo interno le droplets stesse. Pertanto, l’atmosfera che si crea nella nuvola, consente alle goccioline al suo interno di non evaporare per molto più tempo di quanto si verificherebbe se fossero tutte goccioline isolate. Il che significa che la vita di un droplet potrebbe elevarsi all’ennesima potenza. Persino, scrive Il Giornale, «essere moltiplicata fino a 1000, arrivando da una frazione di secondo, a interi minuti.

Gli agenti patogeni possono arrivare a 8 metri di distanza

In più, a causa della spinta iniziale della nuvola (che dipende anche dal grado di intensità dello starnuto), le goccioline portatrici di agenti patogeni sono spinte molto più lontano rispetto al caso in cui non fossero trasportate tutte insieme. Lo studio americano avrebbe calcolato che, date varie combinazioni che comprendono diversi fattori, come la fisiologia di un singolo paziente e le condizioni ambientali (come l’umidità e la temperatura), la nuvola di gas e il suo carico di goccioline patogene (grandi o piccole) possono spostarsi fino a 7-8 metri di distanza».

L’imprescindibilità di dispositivi di sicurezza e precauzioni

E ancora: quanto restano in aria? Dipende, abbiamo detto, dalla dimensione.Ma anche dalla turbolenza e dalla velocità della nuovola. dalle caratteristiche dell’ambiente cirocstante. dallo slancio e dalla traiettoria dei vettori. ma, generalmente, le rimanenti goccioline evaporano producendo residui o nuclei di goccioline, che possono rimanere in aria per ore. magari sospinte o aiutate nella loro circolazione dai vari sistemi di ventilazione, per esempio, degli ambienti ospedalieri… Ne consegue che, in un quadro come quello appena delineato, i dispositivi di sicurezza (guanti e mascherine), come le misure precauzionali adottate (distanza di sicurezza) diventano fattori imprescindibili. E l’adeguatezza degli standard questione di salute. O meno

 

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