Virus, Gattinoni: «Se si attacca ai polmoni è letale. Senza terapia intensiva non si può curare»
«È un microrganismo che nella maggioranza dei casi non fa danni, ma in alcuni casi si attacca ai polmoni e diventa letale». A parlare del coronovirus, in un’intervista alla Stampa, è Luciano Gattinoni, 75 anni, medico rianimatore di fama mondiale. È presidente della Società mondiale di Terapia intensiva, dopo essere stato direttore scientifico del Policlinico di Milano e professore ospite all’Università tedesca di Gottinga. «In Germania – dice – ho visto dei pazienti e molti me li hanno sottoposti dall’Italia. La malattia si presenta in modi diversi e porta a una grave carenza di ossigeno».
Gattinoni è presidente della Società mondiale di Terapia intensiva
Il coronavirus è però diverso dalla classica polmonite. Gattinoni lo spiega: «Mentre la polmonite colpisce gli alveoli, questa polmonite virale interstiziale tende a interferire sulla parte vascolare». Significa che «i vasi sanguigni del polmone perdono potenza e causano l’ipossiemia, cioè la carenza di ossigeno nel sangue». Quando questa si manifesta, spiega ancora l’esperto, «il cervello compensa aumentando la respirazione». E qui il virus si fa ingannevole dal momento che l’attività di supplenza del cervello fa sì che i malati arrivino in ospedale apparentemente in forma. «In realtà – spiega Gattinoni -, si ha già una saturazione bassa dell’ossigeno nel sangue. Per aumentare il respiro si fa più pressione,il polmone si infiamma e il plasma filtra nell’interstizio. Un meccanismo che si interrompe solo con un’intubazione di 10-15giorni».
«Serve solo l’intubazione. Il resto sono palliativi»
«Al momento – puntualizza – è l’unica cura». Da qui la necessità di potenziare i reparti di terapia intensiva. In passato il medico è stato l’ideatore di casco e pronazione. Oggi dice che sono solo «palliativi». L’intubazione, invece, «permette al paziente di mantenersi dormiente finché le difese immunitarie vincono il virus». E questo spiega perché «muoiono di più quelli fuori dalla terapia intensiva che dentro». Per stabilire chi ha bisogno dell’incubazione occorrerebbe esami particolari. «Ma ora negli ospedali si decide come in guerra – ricorda Gattinoni -: chi ha fame d’aria e fa rientrare le costole per respirare va intubato». E nella valutazione su chi intubare ha un peso anche l’età: «Chi dice il contrario mente». A far decidere è «la probabilità che un paziente anziano possa sopravvivere a due settimane di intubazione». Quanto infine, alle cure farmacologiche anche Gattinoni conferma che «al momento non ce ne sono di efficaci».
Vorrei avere maggiori informazioni su volume corrente,frequenza respiratoria,picco e peep da impostare.Sono un rianimatore e vedo con i colleghi discrepanze di vedute.Io applico di più i parametri consigliati in un suo precedente arti colo..che indicano x questi pazienti compliance più alte e quindi TV maggiori e Fr più,’ basse rispetto a pz. Con Ards. Grazie.
complimenti! finalmente l’articolo di uno scienziato! che dice cose di grande interesse, non le solite banalità dei tanti pseudoscienziati