Tremonti avverte: attenti, dopo la pandemia ci aspetta il mondo del disordine globale

31 Mar 2020 15:35 - di Redazione

Giulio Tremonti in una lunga intervista al Giornale parla degli effetti della pandemia e ripercorre alcuni temi del suo libro Le tre profezie nel quale affermava che un incidente della storia, imprevisto e drammatico, può scombussolare tutto il sistema attuale, fondato sulle dinamiche della globalizzazione. “Questa pandemia è il tipico ‘incidente della Storia’. Un precedente, per capirci, è stata Sarajevo: un luogo remoto, un fatto inaspettato, improvviso e in sé drammatico ma non percepito subito come tale, ma poco dopo la Grande Guerra e la fine della Belle Époque e con questa la caduta della vecchia Europa. La Storia non si ripete per identità perfette, ma gli ‘incidenti’ sempre ricorrono”.

La pandemia e il paragone con Sarajevo

L’attuale epidemia “come Sarajevo ha posto fine alla Belle Époque,  pone fine al dorato trentennio della globalizzazione e al prodotto ‘illuminato’ di quella che è stata l’ultima ‘ideologia’ del Novecento, il ‘mercatismo’: l’idea che il divino mercato è tutto e fa tutto”. La ‘tragedia’ – avverte ancora Tremonti – “non è tanto nella pandemia in sé e nei suoi effetti sanitari quanto nel fatto che svela i limiti della globalizzazione. Una volta usciti dal lockdown ne troviamo le macerie.”

I limiti del Mes

Secondo Tremonti “una delle conseguenze di questa crisi è l’emergere all’evidenza dei limiti di tutte le nostre ‘classi dirigenti’, delle nostre e di quelle europee”. Infine sul Mes ammonisce: “Ora vorrebbero tirarlo fuori e fargli passare qualche confine, ad esempio il Brennero… Questo strumento è costruito come evoluzione della Troika ed è dotato di capitale minimo. Pertanto un Paese dovrebbe versare capitale per ricevere indietro capitale appena un po’ addizionato. Questo rende il Mes una partita di raggiro politico ed economico. Eppure tutti sembrano convergere sul Fondo salva Stati. Qualcuno, per sopravvivere, dice l’opposto di quello che per trent’anni ha detto per vivere. Tanti, troppi, che appena ieri erano ‘austeristi’, adesso sono diventati ‘debitisti’. Comunque, alla base c’è sempre la follia della liquidità: prima la globalizzazione è stata spinta con i liquidi e la finanza, adesso la salvezza dovrebbe venire dai liquidi nella forma dei debiti. In questo momento drammatico la liquidità è fondamentale, ma prima o poi arriverà un tempo nel quale bisognerà fare i conti con la realtà”.

Il disordine globale

E cioè col mondo che ci aspetta dopo la pandemia. “Ora il rischio è l’evoluzione in un global disorder e il passaggio dalla pace mercantile a segmentazioni crescenti del mercato (ancora più dazi, di nuovo svalutazioni ecc…). Passando poi dallo scenario generale al particolare interno alle nostre società, la prospettiva a cui si dovrebbe poter guardare non è solo quella delle macerie della globalizzazione ma quella della ricostruzione. Un mondo che dovrebbe tornare ad essere quello che è stato possibile ancora negli anni Ottanta e Novanta, diverso da quello che si è rivelato prima illusorio e poi impossibile con gli ultimi anni, gli anni della estrema globalizzazione. Dopo l’ideologia del divino mercato, il ritorno dello Stato. Nello Stato e per lo Stato serve la politica. Una politica fatta con modiche quantità di tecnica – brrr – e con nulle quantità di comica. Nell’antica Roma era fatto divieto agli attori e ai comici di fare politica. Dall’altra parte ci deve essere un mercato che faccia il mercato, non paralizzato da una infinita quantità di regole”.

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