Miracolo da coronavirus: l’Italia ubriaca di diritti riscopre l’insostituibile valore del dovere
Da ieri notte l’Italia è chiusa, off-limits. Tutti in quarantena, modello Wuhan. Uno choc per un Paese solitamente ubriaco di diritti e orfano dei doveri. Ma tant’è: la peste cinese ci ha posto davanti allo specchio mettendo impietosamente a nudi i nostri difetti. E così scopriamo di essere stati finora una nazione a la carte. Dell’Italia prendiamo solo quel che ci va, quando ci va. Parole come dovere, divieti, restrizioni, sacrifici le abbiamo ormai seppellite nel baule dei brutti ricordi, complice anche un dibattito politico-culturale imperniato solo sui diritti. Ne reclamiamo a volontà. Persino quando sono palesemente capricci, c’è un solone in tv pronto a spacciarli come sacrosanti e irrinunciabili.
Italiani in quarantena come i cinesi a Wuhan
Di diritti ce n’è sempre per tutti, animali e piante compresi. Il dovere, al contrario, è desaparecido. Nessuno sa più dove sia. E solo a evocarlo si passa per fascisti sebbene sia stato proprio Mussolini a sentenziare che «governare gli italiani non è difficile, è inutile». Anche perché, spiegò Cossiga mezzo secolo dopo, «italiani sono sempre gli altri». E siamo all’oggi, con un governo che da settimane ballonzola intorno a zone rosse, gialle e arancioni proibendo, ma fino a un certo punto, e autorizzando, ma senza esagerare. Risultato: bar affollati e contagi assicurati. In compenso, scuole chiuse, tribunali deserti e chiese disertate. Come a dire: vi togliamo il lavoro, ma non la movida. Appunto il dovere, ma non il diritto.
È la rivincita del dovere sull’ubriacatura dei diritti
Fateci caso, non c’è una sola forza politica che pronunci più questa parola. Evidentemente non fa tendenza e impalla il sondaggio. Senza trascurare che l’appello al dovere è impegnativo: evoca un epos e costringe il suo autore a farsi esempio. I diritti no. Basta rivendicarli. Almeno fino a ieri. Ora che però il morbo infuria, ci si accorge di quanto il dovere ci manchi. A tal punto che chi governa annaspa alla ricerca di un suo surrogato pur di trasformarci in disciplinati cinesi. Un’impresa da Dio, non certo da Conte. Ma – e si sa anche questo – non saremmo veri italiani se non fossimo, da sempre, abituati a stupire il mondo.
Era nelle corde che alla prima grande sfida saremmo scivolati, e così è stato. Spesso si è portati a scagliarsi solo contro chi comanda ed, in effetto, come sempre anche questa volta la leadership vi ha messo del suo, ma le negatività sono tante e ce ne è un po’ per tutti o quasi. Del resto questo è un Paese che ha sempre vissuto alla giornata, con una atavica maniacale predisposizione alla sottomissione ,non solo psicologica, allo straniero, fino al punto di andarlo masochisticamente a cercarlo per farsi ancor più male. Poi vi è la cultura cattolica buonista e attendista che dopo 2000 anni non ha ancora capito nulla del Vangelo e che ha prodotto solo dei frustrati e dei rassegnati.
Terza è la dannata mentalità burocratico-ragionieristica, per cui non si governa per crescere ma esclusivamente per tenere a posto i registri, unitamente ad un giustizialismo partitico che considera tutti i cittadini italiani dei furfanti che passano le giornate a tramare come fregare lo Stato ed il prossimo.
Da ultimo vi è cappellaccio, che come sempre si considera furbo e scafato, anche quando pensa che basti il menefreghismo e la superficialità per mettere nel sacco il terminator cinese.
Custoza, Lissa, Adua, Caporetto, 8 settembre……..cosa ci vorrà ancora per capirla?
“l’Italia ubriaca di diritti riscopre l’insostituibile valore del dovere”
Una rondine non fa primavera. Mai fidarsi in special modo di squallidi individui che non hanno la dignità e il coraggio di parlare dell’argomento necessario e indispensabile dei doveri che giustamente vengono prima dei diritti che ne sono la conseguenza no la causa.
E lo stupiremo!!!