Maxi multa alla Tim: Renzi ha fatto il danno, ma il conto lo pagano gli altri
10 Mar 2020 11:15 - di Maurizio Gasparri
Nei giorni scorsi l’Autorità delle comunicazioni, nonostante il vertice sia ormai scaduto da tempo, ha comminato un’incredibile multa di 116 milioni alla Tim, accusandola di slealtà. Il casus belli riguarda alcune gare per la diffusione della banda larga, alle quali ha partecipato, oltre a Tim, anche OpenFiber.
Tim e la duplicazione delle reti
Riassumiamo, dunque, le puntate precedenti: l’allora Presidente del Consiglio Matteo Renzi impose all’Enel, che si occupa notoriamente di energia e di cui il governo è azionista di maggioranza, di creare una società, OpenFiber, chiamata a realizzare una seconda rete tlc per accelerare e favorire la diffusione della banda larga. Una scelta apparsa da subito piuttosto discutibile. Fare due reti è evidentemente anti economico. Sarebbe come costruire un duplicato della Roma-Milano quando invece andrebbe potenziata l’infrastruttura già esistente. La scelta dell’allora premier Renzi fu una ripicca nei confronti di Tim? Fatto sta che OpenFiber si è sforzata di mettere in campo iniziative lodevoli.
I danni del renzismo e il vuoto a 5S
Oggi, allora, che senso ha multare Tim mentre OpenFiber ha segnato il passo? Che senso ha sprecare risorse, mentre invece bisognerebbe fare una rete unica aprendo quella di Tim a partecipazioni societarie di minoranza, senza espropri che metterebbero a rischio migliaia di posti di lavoro che Tim tiene in piedi proprio perché ha una struttura importante? La verità è che il “renzismo” continua ancora a produrre effetti deleteri. La lotta alla rete ha comportato solo sprechi, multe, e non un avanzamento reale del Paese. Di questo dovrebbe preoccuparsi il governo, ma è chiaramente impossibile. Basti pensare che per molto tempo il ministro per questa materia è stato uno come Luigi Di Maio, mentre chi lo ha sostituito, Stefano Patuanelli, appare sicuramente una persona umanamente migliore, ma sinceramente in difficoltà di fronte a problemi più grandi di lui.