Lombardia zona rossa per decreto. Ma le misure vanno spiegate bene, altrimenti si rischia il caos

8 Mar 2020 19:59 - di Andrea Migliavacca

La follia ha preso il sopravvento sulla razionalità. L’urgenza di assumere un’iniziativa contenitiva della diffusione del virus ha messo da parte la capacità di essere coerenti e comprensibili.

Si comprende – dalle parole talvolta rassicuranti, talaltra meno, dei virologi – che il Covid-19 è un virus letale; la morte (non traumatica) da crisi cardio-respiratoria è la diagnosi finale di quasi tutti i decessi, ma la causa, in questo caso, è (o dovrebbe essere) il virus: un catalizzatore, nei casi in cui il quadro clinico è compromesso, un killer, in tutti gli altri casi.

I meccanismi attraverso i quali il virus si trasmette sembrano essere chiari; sorgono alcuni dubbi sulla durata della sua sopravvivenza fuori dall’organismo ospitante (umano od animale) ed ancor più oscuri sono i meccanismi aggressione del virus e di reazione del sistema immunitario.

Agli scienziati, dunque, il tempo per lo studio, la spiegazione e la ricerca dei rimedi. Ai politici, invece, il compito di tradurre con modalità congrua ed intelligibile il giusto contegno dei cittadini.

L’incremento della diffusione della malattia ha, dunque, condotto il Governo ad assumere nella notte un decreto d’urgenza, che, per il non scritto (bene), richiede alcune istruzioni applicative; circostanza inconsueta, questa, dovendo il decreto – come ogni legge – contenere chiaramente, senza ulteriori spiegazioni, il precetto ed eventualmente la sanzione.

La Lombardia, dunque, è (di fatto) una zona rossa (seppur non scritto evidentemente), così come altre province dell’Emilia Romagna del Piemonte e del Veneto. Ciò comporta una forte limitazione negli spostamenti delle persone. Il decreto, tuttavia, non precisa se lo spostamento debba essere limitato al trasporto pubblico od a quello privato. È, invece, prescritto chiaramente che si possa tornare al proprio domicilio, abitazione o residenza.

Tutto fermo, o quasi, tranne la ristorazione che, con le dovute cautele, potrà funzionare tra le 06,00 e le 18,00. Difficilmente, però, si vedranno commensali distanziati a consumare il pranzo.

Prima di giungere ad una tale sintesi, il Consiglio dei Ministri ha diffuso (in via riservata, si presume) una o più bozze del decreto. La sua lettura ha indotto alcuni cittadini a prendere armi e bagagli per far ritorno alle regioni del sud. Il Governatore della Puglia, per contenere la diffusione del virus, ha imposto, con apposita ordinanza, ai propri corregionali l’obbligo dell’autoquarantena, previa comunicazione alla Questura, presentandosi al locale posto di Polizia. Difficile, se non impossibile, un tale controllo.

Il calcio della serie A, però, non si ferma.

E la Giustizia? Dovrebbe fermarsi anche lei, per quello che si legge nel Decreto del Ministero della Giustizia, se non per le attività urgenti. Il Comunicato stampa del Consiglio dei Ministri n. 35, pubblicato sabato 7 Marzo, sul portale ufficiale della Presidenza del Consiglio (attraverso il quale viene disposta la sospensione per 15 giorni delle attività giudiziali), attende la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Un clima surreale, nel quale, per chi crede, anche la Messa viene inibita.

È ancora presto per trarre le conclusioni, ma a tempo debito chi si professa responsabile dovrà fare i conti con la responsabilità assunta.

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