L’economista Geraci: la Cina sia di esempio, lì fanno la quarantena qua andiamo a sciare
Mettere in campo i big data, tracciare il contagio come hanno fatto in Cina, cambiare la comunicazione. Sottolineando come “invece da noi, in Italia, si arrivi al massimo a un’autodichiarazione, una cosa folle”. Michele Geraci, economista e professore di finanza alla New York University a Shanghai, ex sottosegretario leghista allo Sviluppo economico, parla dell’emergenza sanitaria per il coronavirus.
Questa epidemia è una cosa seria
“È dagli ultimi giorni di gennaio – dice l’economista – che mi sgolo come un matto a cercare di far capire al governo, alle aziende ed ai cittadini che questa epidemia era una cosa seria e non andava sottovalutata”. Perché “se Xi Jinping mette in quarantena 60milioni di persone e limita trasporti e spostamenti per il rimanente miliardo e tre, un motivo ci sarà”. “Non sono un virologo ma ho visto e seguito cosa stava succedendo a Wuhan e nel resto della Cina”, dice ancora, parlando di “una mobilitazione mai vista da parte del governo e, attenzione, soprattutto una risposta del popolo che non ha soltanto obbedito alle direttive, ma ha capito la gravità e si è comportato con un senso civico che da noi ce lo sogniamo”.
Geraci: in Cina chi sbaglia paga
“In Cina chi sbaglia paga, ma il risultato è quello. A prova di ciò, sono proprio i cinesi che vivono in Italia e gli italiani che hanno avuto un po’ di esperienza in Cina che meglio reagiscono alle misure, mentre sono i nostri che scappano per andare a sciare”, sottolinea Geraci. Il leghista punta il dito anche contro il governo: “La colpa non è dei cittadini, ma di chi deve guidare il paese ed essere credibile e purtroppo, non è quello che il nostro governo sta facendo”. Perché il nostro esecutivo “tende ad inseguire il problema invece che anticiparlo, proprio come quando da bambini si giocava tutti correndo dietro il pallone. E quando si agisce in questo modo, credibilità e competenza vengono messe in dubbio dal popolo”.
Geraci, che conosce molto da vicino la realtà cinese, spiega che è stato un problema anche il fatto che “da noi esiste una certa arroganza o illusione del sapere che si moltiplica quando si parla di Cina, a causa di diffusa ignoranza. Risulta quindi psicologicamente difficile accettare che loro stanno facendo meglio e quindi di emularli, perdendo così tempo prezioso”.
Tracciare gli spostamenti di tutti i cittadini
“Io – ricorda – ho lanciato vari appelli al nostro governo affinché guardasse come la Cina sta usando Intelligenza Artificiale e Big Data per tracciare gli spostamenti di tutti i cittadini in modo da avere in tempo reale su una mappa la stima della probabilità di contagio. Niente da fare. Da noi si fa un’autodichiarazione, una follia, mentre con la tecnologia si fa un secondo e senza frodi”. Infine una stoccata, di nuovo, al governo italiano: “Sulla parte di comunicazione, credo che sia un disastro da manuale, scriverò per le università dove lavoro uno di quei Harvard Business Case ‘Come non gestire un emergenza: il caso Italia'”.