Che cosa ci insegna questa brutta esperienza con il coronavirus

6 Mar 2020 12:55 - di Antonio Saccà

Da Antonio Saccà riceviamo e volentieri pubblichiamo

Caro direttore

C’è da pensare che l’evento  coronavirus  giovi, suo malgrado a noi. E ciò  per il rafforzamento della tutela della salute. Giacchè evidentemente malattie diffusive possono mettere al tappeto tutto quanto un paese. Il che sarebbe terribile perchè non ogni cittadino potrebbe essere ricoverato. Quindi occorre progettare strutture di più vasto assorbimento in edifici e personale. Ed una collaborazione per lgge di strutture pubbliche e private. Inoltre, rendere autonomo il sistema produttivo dalla salute, per millenni il lavoro è stato legato all’uomo e al rapporto diretto tra uomo e mezzo produttivo. C’è da pensare, in questo campo, che avverranno mutamenti totali. Sia perché stanno avvenendo indipendentemente dal virus. Sì perché i robot, l’informatica, l’intelligenza artificiale non sono vittime di un male virale del genere odierno. Né bisognano di un rapporto diretto tra gli essere umani. È  certo che si espanderà il sistema della produzione tecnologica autosufficiente. Ed ancora, forse (forse) l’opinione pubblica si convincerà che siamo stati faciloni nell’accogliere. Nel permettere a dei paesi di produrre a modo loro, senza alcuna regola, senza garanzia igienica,il profitto ha coperto ogni scrupolo.

Meno “accoglienti”?

C’è da suppore che saremo meno accoglienti di merci e persone. Ma c’è da dubitare che lo saremo. Purtroppo non è necessario un virus mortale assoluto per essere pericolosissimo. Basta che sia afflittivo come quella attuale, non vastamente mortale ma debilitante e propagativo e che suscita paura di stare insieme perché potrebbe estendersi. È la morte sociale se non la morte. La morte delle relazioni personali e di sfera lavorativa.

La medicina più appropriata

A tal punto occorre liberare le forze primegenie della vitalità. Lasciare libero sviluppo alla fantasia affermativa della vita che vuole vivere.  Attivare insegnamenti in video. Dare case abbandonate a chi vuole ristrutturarle. Fornire lavoro casalingo a chi è isolato. Suscitare imprese di lavoratori che si autoccupano giacchè molte imprese crolleranno. Fare del lavoro il rimedio attivo, esaltante, salutare della Nazione. È’ antivitale, elemosinevole credere di sciogliere la situazine dando una monetina a questo ed a quello, in debito. È   una mentalità rovinosa, difensiva passivamente. Occorre fare maggiormente non essere maggiormente assistiti in debito. A tal fine indispensabile una classe politica e morale trainante, entusiasmante. E sentire nazionale. In queste situazioni la forza ideale è la più appropriata medicina. E dico, se passa la buriana e restiamo con l’animo presente, saremmo malati comunque.

 

 

 

Commenti

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  • federico 7 Marzo 2020

    Ci insegna anche che se affidiamo il Governo del Paese ai sinistri, novax nonché ragazzini, diventiamo i campioni del mondo del contagio. Nemmeno capaci a comunicare: qualcuno vada a rivedersi come veniva data l’informazione nei Cinegiornali del 1957 (asiatica: c’era ancora l’Istituto Luce) e 1969 (la spaziale)

  • Adriano Agostini 7 Marzo 2020

    Ci insegna che al governo ci deve stare gente capace. Le improvvisazioni e la partigianeria portano allo sfacelo.

  • giovanni vuolo 6 Marzo 2020

    Il vero passo avanti sarebbe cominciare con un governo che sappia affrontare le emergenze,; in altri Paesi, pur democratici, una prova di tale inettitudine avrebbe portato ineluttabilmente alle dimissioni in blocco; il Presidente dovrebbe finalmente prendere atto dei guasti irreparabili che questi boriosi dilettanti stanno provocando alla Nazione, e mandarli a casa per manifesta incapacità.Ma tutto questo, se vivessimo in un Paese normale, invece che Normalizzato.