Strage di Bologna, parla il figlio di Mario Tedeschi: processano quattro morti, sono indignato
Strage di Bologna, a conclusione delle indagini la Procura coinvolge come mandante Mario Tedeschi, giornalista e politico. Tedeschi, che diresse Il Borghese dopo Longanesi, aderì nel 1972 al Msi e divenne senatore. Faceva parte della P2. Il suo coinvolgimento ha indignato il figlio Claudio che accusa la magistratura di mettere sotto processo un morto.
Strage di Bologna, parla il figlio di Tedeschi
Claudio Tedeschi esprime all’Adnkronos la sua “completa incredulità” per il fatto che suo padre è indicato come “organizzatore” per aver avuto un ruolo nella “gestione mediatica” della strage. “E’ impossibile che Mario Tedeschi abbia potuto fare cose simili”, sottolinea. “Si parla di 15 milioni di dollari? Mai visto un soldo”, aggiunge riferendosi ai presunti flussi di denaro partiti dai presunti finanziatori. “E’ troppo facile andare a processare quattro morti”, sottolinea Claudio Tedeschi, facendo riferimento a suo padre, a Licio Gelli, Umberto Ortolani e Federico Umberto D’Amato, accusati dalla procura generale ma tutti e quattro deceduti.
Secondo il figlio di Mario Tedeschi non si arriverà mai alla verità: “Fin dall’inizio è stato un depistaggio continuo. Da parte sia dei politici che dei cosiddetti servizi deviati. E anche da parte dell’opinione pubblica bolognese che, essendo schierata da una certa parte, aveva bisogno di un capro espiatorio”.
Strage di Bologna, la pista palestinese è stata scartata
Sia Valerio Fioravanti che Francesca Mambro, già condannati in via definitiva come esecutori materiali, “si sono sempre ‘accollati’ ciò che hanno fatto, ma hanno sempre negato in toto un loro coinvolgimento nella strage di Bologna. Lo stesso Cossiga ebbe sempre forti dubbi”. “Sia la magistratura che la politica non hanno mai voluto dare corso alla pista palestinese e non dimentichiamo il ‘lodo Moro'”, continua il figlio di Mario Tedeschi.
Su cosa hanno fatto le indagini?
Sul perché vengono mosse accuse a suo padre, il figlio osserva: “Era grande amico di Federico D’Amato (già direttore dell’Ufficio Affari Riservati del Viminale indicato dalla procura generale come “mandante-organizzatore” ndr) , era stato nella P2 e non lo ha mai negato, era amico di Gelli”. “E’ vergognoso che, a distanza di 40 anni, la procura generale abbia avocato a sé la pratica, nonostante la richiesta di archiviazione. Perché? A chi serve mandare oggi questi atti di accusa? E su cosa sono state fatte queste indagini? – afferma Claudio Tedeschi – A noi non è mai arrivata nessuna richiesta, nessuno ci ha mai contattato e non c’è stata mai nessuna perquisizione”. Tedeschi ricorda quando con il padre parlava della strage di Bologna: “Lui pubblicò un fascicolo con una raccolta di articoli sulla strage. Fin dall’inizio era chiara la pista palestinese, ma non hanno mai voluto seguire questa pista”.