Ruanda, muore impiccato in carcere il cantante tutsi della riconciliazione. Suicidio?

21 Feb 2020 11:38 - di Eugenio Battisti
Ruanda

Ruanda, è morto Mihiho, il cantante della pace

Tanti paesi dell’Africa in queste ore piangono la morte di Kizito Mihigo. Che negli anni è diventato un personaggio simbolo della storia del Ruanda. Mihigo era stato arrestato nuovamente pochi giorni fa mentre cercava di lasciare clandestinamente Paese. Era nato a Kibeho in una famiglia tutsi.  Seminarista tredicenne già dimostrava un grande talento nel suonare l’organo. Nel ’94 perse i suoi genitori nel genocidio e fuggì in Burundi. Dove avrebbe voluto  arruolarsi nel Rwandan Patriotic Army. «Ma – come ricorda MondoeMissione – il desiderio di vendetta lasciò presto il posto alle doti musicali. Nel 2001 partecipò alla stesura dell’inno nazionale. E fu lo stesso presidente Kagame a impegnarsi per garantirgli una borsa di studio per l’estero. A Parigi Kizito Mihigo studiò organo e composizione al Conservatorio. Per poi farsi conoscere nel panorama internazionale della christian music».

La canzone sulla morte e l’accusa di terrorismo

Quando nel 2011 tornò a vivere in Ruanda  fu accolto dal governo  come una star.  Nel 2012 gli fu affidato anche un popolare programma televisivo. Nel 2014,  pochi giorni prima del ventesimo anniversario del genocidio, inizia un nuovo calvario. Fece l’errore di caricare su YouTube una nuova canzone intitolata Igisobanuro Cy’urupfu («Il significato della morte»). Nella quale faceva riferimento anche alle vittime piante dagli hutu dopo quella tragedia. Tanto bastò per accusarlo di terrorismo.

«Nonostante il genocidio mi abbia reso orfano – cantava – non mi ha fatto perdere l’empatia per gli altri. Pure le loro vite sono state spazzate via brutalmente. Anche se non lo chiamiamo genocidio. Anche quei fratelli e sorelle sono esseri umani. Prego per loro. Li conforto. Li ricordo…».

Nel giro di qualche giorno il popolare artista sparì. Per ricomparire poi in carcere con l’accusa di terrorismo e complotto con i ribelli hutu. Nel 2015 fu quindi condannato a dieci anni di reclusione. Poi, nel 2018, venne rilasciato nell’ambito di un’amnistia. Venerdì scorso – ricostruisce il sito dei missionari – l’arresto al confine con il Burundi. Secondo la polizia ruandese si sarebbe suicidato impiccandosi. Ma sono molte le voci che puntano il dito contro il governo di Kagame per questa nuova morte tragica.

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