Le sardine contro il sindaco di Olbia: ha cantato Faccetta Nera al ristorante…

17 Feb 2020 17:58 - di Redazione

Le sardine contro il sindaco di Olbia che canta “Faccetta nera” al ristorante. Il “fattaccio” è avvenuto in un locale di Olbia e i commensali, tra i quali il sindaco Settimo Nizzi (Forza Italia), a un certo punto hanno cantato “Faccetta nera”. Il video della festa, fatto da alcuni passanti, è circolato sui social e sulle chat. Del caso ha riferito il quotidiano La Nuova Sardegna che ha anche interpellato Nizzi sull’accaduto. Quest’ultimo si è difeso parlando di festa privata e tranquilla. Una serata tra amici nella quale si è cantato “prima Bella Ciao e poi Faccetta nera”.

Le sardine contro il sindaco di Olbia

Ma le sardine della Sardegna non si accontentano di questa spiegazione e pretendono pubbliche scuse. “Riteniamo – scrivono sulla loro pagina Facebook – che il fatto sia di una gravità inaudita, mentre per il sindaco Nizzi (come da sua affermazione) ‘è stata una festa tranquilla’. Noi riteniamo che la dittatura fascista, e relativi richiami ad essa, sia stata e sia qualcosa di abominevole e non può passare come mero folclore. A prescindere dalle intenzioni, dalle volontà e dalle responsabilità, determinati eventi non devono passare come qualcosa di normale o accettabile”. Secondo le Sardine “Faccetta nera è l’inno di un colonialismo feroce” ed è un canto nel quale il fascismo “si riconosceva”.  E concludono: “Il sindaco dovrebbe scusarsi. La par condicio non esiste tra le culture democratiche e l’abominio razzista, sessista, imperialista”.

La storia di Faccetta nera

Evidentemente non conoscono la storia di Faccetta nera, che è una canzone del Ventennio ma non è un inno fascista. La canzone, scritta nel 1935, all’origine era addirittura stata composta in romanesco. Lo ricorda in un articolo lo scrittore Luciano Lanna: “Era il 24 giugno e al teatro Capranica di Roma Carlo Buti cantava il pezzo scritto da Giuseppe Micheli – anche se poi venne registrato con la firma del figlio, Renato – su musica di Mario Ruccione. Scritta di getto dal noto poeta e giornalista, autore anche di un precedente motivo popolare come La Romanina, quella canzone destinata al mercato della musica leggera conquistò subito un successo clamoroso”.

“Proprio mentre l’Italia si apprestava all’avventura africana in Etiopia – continua l’articolo –  tutti cominciarono a cantarla, tanto che dopo qualche mese l’autore dovette tradurla in perfetto italiano. «Fu detta – ha ricordato Micheli – la canzone di tutti perché chiunque si sentì autorizzato a usarne, anzi ad abusarne, servendosene negli spettacoli musicali, nei romanzi, nelle parodie e perfino nella fabbricazione di dolciumi, di giocattoli…». Ed effettivamente Faccetta nera entrerà nell’immaginario popolare, rappresentando una sorta di ‘mal d’Africa’ all’italiana fatto di entusiasmo per le Veneri nere e di anti-razzismo in stile euro-mediterraneo: «Quando saremo vicino a te / noi ti daremo un’altra legge e un altro Re… / La legge nostra è schiavitù d’amore / è libertà di vita e di pensiero»”.

 

Commenti

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  • roberto 18 Febbraio 2020

    Sig. Sindaco se ha cantato bella ciao,ha fatto bene perchè ha ricordato una dolorosa pagina Italiana, ma sempre Italiana.E non si scusi perchè è semplicemente una storica canzone, che chi la vuole strumentalizzare, certamente non conosce la storia Italiana, come le famose Foibe che i giovani non conoscono o fanno finta di non conoscere. Non si scusi chi vuole le scuse è solo un GRANDE IGNORANTE perchè e mi ripeto non conosce la triste storia della nostra Italia. Grazie.

  • maurizio pinna 18 Febbraio 2020

    Sul finire degli anni 60 il PCC cominciava a stufare, come nel resto del mondo, ecco allora sorgere le guardie rosse di Mao, una nuova linfa per il comunismo. In Italia “la nuova linfa” sono le sardine, i pesci di cartone, e Mao è il vecchio mortadella, mellifluo comunistoide e gran fannullone di Stato.
    Ora tali individui ogni tanto dovranno fare qualcosa, scrivere parolacce sui social e organizzare qualche piazzata a favore dei compagni in difficoltà e poi le spiate, le orecchiate nelle trattorie per sentire cosa canta la gente, come facevano i “liberatori” nel dopoguerra. Naturalmente il lessico è quello dei regimi sovietici: ciò che fanno gli altri è sempre gravissimo e pericolosissimo e poi ci sono i giustizialisti sanculotti che in tali casi sono tempestivi e inflessibili. Piovoso della Seconda Era Giacobina.