In Giappone il caso di una donna due volte positiva al coronavirus. Ha 40 anni e vive a Osaka
In Giappone una donna che lavora come guida turistica è risultata positiva al coronavirus per la seconda volta, riporta il ‘Guardian‘. Secondo le autorità sanitarie nipponiche è il primo caso del genere registrato nel Paese. E si tratta di una possibilità di cui gli esperti cinesi avevano parlato nelle scorse settimane.
La donna è una quarantenne di Osaka
La donna, quarantenne e residente a Osaka, nel Giappone occidentale, si è ammalata mercoledì per la seconda volta. Le era già capitato il 29 gennaio. Era stata dimessa dall’ospedale dopo il recupero. “Una volta che si ha l’infezione, potrebbe rimanere inattiva e con sintomi minimi. Ma può di nuovo esacerbarsi nel caso in cui si facesse strada nei polmoni”. Lo ha spiegato Philip Tierno, della facoltà di Medicina della New York University.
Il caso della donna giapponese “potrebbe essere stato causato da una ricaduta, oppure da un nuovo ceppo virale”. Lo ipotizza Marcello Tavio, presidente della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit). “E’ difficile dare un parere che abbia solidità scientifica in questo momento – precisa l’esperto – perché servirebbe avere una serie di parametri per giudicare la situazione, come sapere quale tipologia di test è stato usato, se molecolare o di ricerca degli anticorpi, e se è stato impiegato lo stesso esame sia la prima che la seconda volta”.
Potrebbe trattarsi di una ricaduta
“Potrebbe comunque trattarsi di una ricaduta, nel caso in cui la memoria immunologica sia di breve durata; questo avviene ad esempio per gli herpes virus, che si integrano nell’ospite e possono riattivarsi quando l’ospite perde competenza immunologica, per esempio a causa di terapia o malattie immunosoppressive e per l’età che avanza. Si pensi alla varicella, che può venire da bambini e poi manifestarsi nuovamente più avanti con l’età. E’ lo stesso virus che si è riattivato nell’organismo, non era mai andato via”.
“L’altra possibilità – evidenzia Tavio – è che il virus stia mutando quel tanto che basta per sfuggire al controllo del sistema immunitario umano. La vera morale, in questo caso, potrebbe dunque riguardare la ricerca di un vaccino: dobbiamo ipotizzare che, se questi casi di ‘doppia infezione’ fossero numerosi, prima di licenziare un vaccino dovrà passare un po’ di tempo in più, perché si dovranno includere ceppi virali diversi nel siero”.
La guarigione si ha in 4-5 settimane
Si tratta di una ricaduta anche secondo quanto spiega al Corriere Salute Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società Italiana di Malattie Infettive. «La guarigione delle persone malate di coronavirus è lunga di solito, circa 4-5 settimane, per questo non possiamo pensare a una seconda infezione. Per sapere se le persone guarite hanno sviluppato l’immunità al virus bisogna aspettare alcuni mesi, adesso è presto, e conosciamo ancora poco per capire come lavorano gli anticorpi, in ogni caso sembra strano che siano stati così poco efficaci per non controllare un virus che tra l’altro sappiamo aver subito finora poche mutazioni».