Elezioni in Israele: il voto è un referendum su Netanyahu

28 Feb 2020 17:04 - di Redazione

Bibi contro Benny atto terzo. Lunedì, Israele torna ancora una volta alle urne, dopo le inconcludenti elezioni di aprile e settembre. Ma il nuovo voto rischia di ripetere la stessa impasse politica, fotografando ancora una volta un paese diviso attorno alla figura del primo ministro Benyamin “Bibi” Netanyahu. A sfidarlo è sempre Benny Gantz, leader del nuovo partito centrista Blu e Bianco. L’elettorato appare intanto stanco e rassegnato, tanto che il 38% teme si debba andare a votare anche una quarta volta. E invece delle elezioni tutti parlano del coronavirus, come accade nel resto del mondo.

Netanyahu, il premier più longevo della storia d’Israele

Primo ministro più longevo della storia d’Israele, Netanyahu guida il paese ad interim dal dicembre 2018. Dopo il voto di aprile è stato impossibile ripetere il precedente governo di destra, a causa dello scontro sulla leva militare degli ultraortodossi scoppiato fra i due partiti religiosi e Avigdor Lieberman, leader del partito laico nazionalista Yisrael Beitenou. Dopo le elezioni di settembre sono invece falliti i tentativi di formare un governo di unità nazionale: Gantz non voleva governare con Netanyahu perchè è incriminato per corruzione e quest’ultimo ha rifiutato di fare un passo indietro.

La sfida tra Bibi e Benny

Mesi dopo le due questioni sono ancora irrisolte. Tutti sono rimasti sulle loro posizioni, come del resto l’elettorato. Gli ultimi sondaggi segnalano un lieve vantaggio del Likud di Netanyahu, o una sostanziale parità con Blu e Bianco. Gli spostamenti appaiono minimi, ma non cambiano l’equilibrio fra i due blocchi, quello di destra e centro sinistra, nessuno dei quali sembra poter conquistare la maggioranza dei 120 deputati della Knesset.

L’incognita della lista arabo israeliana

A complicare le cose vi è la forza elettorale della lista Araba unita, che rappresenta gli arabo israeliani. Ormai è il terzo partito, ma per ora non intende sostenere governi israeliani, nè gli altri partiti sono disposti ad un’alleanza. Lieberman si dice disponibile a governare con Blu e Bianco e l’alleanza di sinistra Laburisti- Gesher_Meretz, ma secondo i sondaggi non basterà per avere la maggioranza. Netanyahu è stato intanto riconfermato leader del Likud alle primarie di dicembre, affossando le speranze di quanti speravano in una rivolta interna del partito per favorire un governo di unità nazionale. Nel frattempo l’incriminazione è andata avanti e il processo a suo carico, per tre imputazioni di corruzione, si aprirà il 17 marzo. E’ la prima volta che succede ad un capo del governo in carica.

Israele al voto tre volte in pochi mesi

Secondo il procuratore generale, Netanyahu non deve dimettersi, anche perché è già capo del governo a interim. Non è chiaro tuttavia se il presidente israeliano Reuven Rivlin potrà affidare l’incarico di formare un nuovo governo ad un esponente politico sotto processo per corruzione. Netanyahu appare comunque intenzionato a resistere il più possibile. Tanto più che se non si trova un nuovo accordo di coalizione, continuerà a governare il paese. Se l’opinione pubblica non sembra aver subito grandi variazioni rispetto a settembre, il risultato potrebbe essere influenzato dall’affluenza alle urne.

 

Per i due blocchi è quindi importante mobilitare il proprio elettorato di riferimento. In particolare,  evitando le dispersioni di voti in piccole liste che resteranno sotto la soglia di sbarramento del 3,25%. In un paese piccolo come Israele, dove sono chiamati a votare 5,9 milioni di elettori, anche un piccolo spostamento di voti può incidere sugli equilibri della Knesset. Lo sanno bene sia Gantz che Netanyahu, impegnati in una campagna elettorale che questa volta si è affidata molto ai comizi. E nella quale ‘Bibi’ ha promesso la costruzione di nuove case a Gerusalemme est e in Cisgiordania, cavalcando anche la proposta di pace del presidente americano Donald Trump, che prevede l’annessione israeliana degli insediamenti nei Territori palestinesi.

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