Prescrizione, Davigo e Costa impallinano la soluzione del premier: «È incostituzionale»
Il governo è ormai ridotto alla pesca delle occasioni. In barba a tutto, Costituzione compresa. Tutta colpa del clima di veleni che si respira nella maggioranza giallo-rossa. E niente meglio del vertice sulla prescrizione lo dimostra. Ore di riunione nel tentativo di mettere d’accordo Pd, Italia Viva e M5S e poi uscirsene con una proposta che fa a cazzotti con i principi della Carta fondamentale. Prova ne sia che il ministro Bonafede è stato lestissimo a riconoscerne la paternità di Conte. Segno evidente della zattera di disperati che è diventato ormai il governo, il premier è certamente il capociurma. La distinzione tra imputati è infatti farina del suo sacco. La prescrizione continuerebbe a scorrere solo per quelli assolti in primo grado. Per quelli invece condannati, invece, resta il blocco previsto dal testo Bonafede, in vigore dal 1° gennaio.
Conte: prescrizione bloccata solo per i condannati in 1° grado
Il primo a seminare dubbi circa la legittimità costituzionale del “lodo Conte” è Piercamillo Davigo. «Possono esserci dubbi sotto il profilo di precedenti pronunce della Consulta», sottolinea dai microfoni di Radio Capital l’ex-pm di Mani Pulite, ora al Csm. Diversa è invece la sua valutazione politica. Sotto tale aspetto Davigo non fa mistero di considerare la soluzione el premier sulla prescrizione come «un compromesso facilmente spendibile». Perché, spiega, «se si usa l’argomento del “fine pena mai” può avere senso per chi è stato assolto mentre non ha alcun senso per l’imputato condannato che sta impugnando. Di che si lamenta se è lui che chiede un altro giudizio».
Il parlamentare azzurro: «Bye Bye appello»
Chi invece spara a pallettoni contro la mediazione del sedicente “Avvocato del popolo” è il forzista Enrico Costa. L’ex-ministro è diventato per la maggioranza una sorta di spauracchio. I renziani hanno infatti più volte minacciato di votare la sua proposta sulla prescrizioni qualora il testo Bonafede non venisse ampiamente rimaneggiato. «Bye bye appello per chi è condannato in primo grado – scrive Costa in una nota -: il fascicolo verrà messo in un cassetto della Corte e l’appello celebrato chissà quando». I numeri gli danno ragione. «Oggi – ricorda il parlamentare – il 48 per cento delle sentenze di appello riforma, in tutto o in parte, le sentenze di primo grado. Significa che l’appello ha una sua funzione ben specifica di controllo delle sentenze di primo grado che, una su due, vengono ribaltate o rimodulate».