Omicidio Fragalà, chiesti 6 ergastoli. “Certa la matrice mafiosa”
“Sono fiduciosa che queste richieste vengano accolte dalla Corte d’assise”. Lo ha detto Marzia Fragalà, la figlia dell’avvocato e parlamentare di Alleanza nazionale Enzo Fragalà ucciso a colpi di bastone nel febbraio di dieci anni fa a Palermo. Per l’omicidio Fragalà i pm hanno chiesto l’ergastolo per tutti e sei gli imputati. Oggi, al termine della requisitoria, i pm Francesca Mazzocco e Bruno Brucoli, hanno chiesto l’ergastolo per i 6 imputati. La massima pena, chiesta dai pm “nella certezza della loro colpevolezza”. Gli imputati sono Francesco Arcuri, Antonino Abbate, Salvatore Ingrassia, Antonino Siragusa, Paolo Cocco e Francesco Castronovo.
Omicidio Fragalà: la richiesta dei pm
Nell’ultima udienza, prima che della requisitoria, il pentito Siragusa, che ha chiesto senza ottenerlo lo status di collaboratore, aveva reso dichiarazioni spontanee. Collegato in videoconferenza aveva detto: “Esprimo le mie più sentite scuse e una richiesta di perdono ai familiari dell’avvocato Fragalà. Purtroppo non potevo disobbedire a un ordine dall’alto, l’ordine di Antonino Abbate, all’epoca capomafia di Borgo Vecchio ed esecutore materiale dell’omicidio per conto di Gregorio Di Giovanni”.
Fragalà, avvocato antimafia, ucciso per punizione
Alla fine dell’udienza, che si è tenuta al bunker del carcere Ucciardone di Palermo, Marzia Fragalà, che era in aula con la madre e il fratello Massimiliano, è andata a ringraziare i due pm che rappresentano l’accusa. Nelle prossime udienza al via le arringhe difensive. “Trovarmi in questa aula dove tutto ebbe inizio – ha detto Marzia Fragalà – nella lotta a Cosa nostra, dove mio padre da giovanissimo avvocato partecipò come difensore e ritrovarmi oggi vittima davanti i suoi assassini mi provoca un certo sgomento. La mafia provoca solo morte e distruzione”.
Secondo la dichiarazione di Sirgausa, l’uso di un’arma da fuoco avrebbe più facilmente ricondotto la responsabilità a loro, i mafiosi del Borgo Vecchio. Mafiosi che, nella versione dei pm, avrebbero voluto punire l’avvocato perché in più di un’occasione aveva convinto i clienti ad ammettere le proprie responsabilità e a dare delle indicazioni ai magistrati collaborando con le indagini antimafia. Un atteggiamento che Cosa Nostra non gradiva e che considerava poco rispettoso dell’organizzazione criminale. L’omicidio Fragalà fu deciso come punizione ma anche come forma di intimidazione all’intera categoria forense palermitana.