Mafia, la Saguto si difende: «Non sono corrotta. Mai trovati i soldi di cui parla la Finanza»

14 Gen 2020 14:49 - di Redazione
Saguto

È un fiume in piena Silvana Saguto, la giudice imputata per corruzione a Caltanissetta nell’ambito dell’inchiesta sulla gestione dei beni confiscati alla mafia. È il giorno in cui rende dichiarazioni spontanee. Quaranta minuti ininterrotti. Segno che ha atteso a lungo quel momento per offrire la propria versione dei fatti. Un’ansia comprensibile visto che la sua vicenda rischia di minare in profondità l’autorevolezza delle istituzioni in una terra difficile come la Sicilia. L’aria nel tribunale è carica di tensione. E ancor di più quando la Saguto agita la sua agendina azzurra. Un libretto, a suo dire, contenente i nomi che le avrebbero suggerito «magistrati e avvocati» per le nomine di amministrazioni giudiziarie. La mostra a lunga durante le dichiarazioni spontanee ma, alla fine, non la deposita agli atti. Nonostante la reiterata richiesta del pm. «Mi attengo a quanto dice il mio difensore – dice – e se mi dice di non consegnarla, non lo faccio».

L’inchiesta riguarda la gestione dei beni confiscati

La sua è un’autodifesa con poche concessioni. Rivendica alla sua gestione delle misure di prevenzione «il massimo della diligenza possibile». E derubrica le contestate illiceità ad «errori» che «sono sempre possibili». Tutto documentato da un parere del Cga che elogia il suo operato: «Io ho fatto in un anno più di 370 udienza, cioè più di quanti siano i giorni». Capitolo raccomandazione nella rigogliosa giungla degli incarichi tecnici dei beni confiscati. C’è anche il nome del giudice Tommaso Virga. «Non mi ha mai segnalato il figlio Walter» per la nomina ad amministratore giudiziario, ribatte la Saguto.

La Saguto mostra un’agendina azzurra, ma non la consegna al tribunale

«L’unica cosa che mi disse dopo il macello – ricorda –  fu di fare dimettere il figlio». E sui motivi che la indussero, in una conversazione intercettata a definire il giovane Virga un «ragazzino da niente», spiega di averlo fatto «perché non ha retto l’impatto mediatico». Nessuna ammissione neppure sui provvedimenti assunti. «I provvedimenti giudiziari si fanno in tre. Non avevo degli sprovveduti accanto. Io motivavo i decreti, erano corposi».  Infine, l’aspetto più importante rispetto all’accusa di corruzione: il prezzo della sua presunta infedeltà. «Non è mai stata trovata alcuna traccia dei soldi di cuore parla la Guardia di Finanza». E spiega che in una conversazione, intercettata e omissata, con l’avvocato Cappellano Seminara, anche lui imputato, parlavano di «documenti da portare». Per le Fiamme Gialle, però, potrebbe trattarsi di soldi.

 

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