“L’Irlandese”, tra storia e giallo: il nuovo romanzo di Fabrizio Crivellari. Lunedì presentazione a Roma

25 Gen 2020 12:29 - di Sveva Ferri
l'irlandese

Un passato e un omicidio. Entrambi irrisolti. Si muove su questi binari la storia di Ferdinando, il protagonista de L’Irlandese, il nuovo romanzo – un giallo – di Fabrizio Crivellari, edito da Edizioni Settimo Sigillo.

L’Irlandese, sulle tracce dell’assassino (e non solo)

Ferdinando, cronista di nera nel primo quotidiano italiano, è un ex militante politico, che non si è mai riadatto del tutto alla vita da “civile”. Si trova in una condizione a metà tra l’indolenza e l’insofferenza, quando a scuoterlo arriva un omicidio consumato in quella che fu la serra di suo nonno. Da qui per Ferdinando si dispiega un viaggio tra Italia e Irlanda. Sulle tracce dell’assassino, della storia tormentata dell’Isola Verde, ma anche – forse soprattutto – delle proprie radici. Scritto con tratto cinematografico, il romanzo di Crivellari si sviluppa tra il 1974 e il 1993, rimbalzando di continuo il lettore tra le due epoche. Ci si ritrova così in un thriller avvincente, che – insieme al diletto della suspense – regala scorci mai banali di un pezzo di storia europea tanto importante, quanto spesso dimenticata. Crivellari, a sua volta ex militante politico e già autore di Colle Oppio vigila, conosce l’Irlanda, le sue atmosfere, le sue ferite. Ne L’Irlandese ce le restituisce intatte, mentre Ferdinando ricompone pezzo dopo pezzo la sua identità.

Tra storia e identità

“In Irlanda ci lasci il cuore”, spiega al Secolo Crivellari, che lunedì 27 alle 19, nell’ambito di una serie di incontri che sta tenendo in tutta Italia, presenterà il libro al Museo Crocetti di Roma (via Cassia 492). Per il suo romanzo, però, l’autore non si è basato solo sulle emozioni. All’Isola ha dedicato solidi studi, che si ritrovano tutti nello spessore del racconto. Di matrice prettamente esistenziale è, invece, il viaggio di Ferdinando alla scoperta della sua storia familiare. Un’esperienza unica e personalissima, quanto universale. Quasi tutti, in fondo, ci siamo sentiti almeno una volta come Ferdinando. “A questo punto della sua vita Ferdinando capisce che per stare meglio al mondo, per trovare una sua collocazione, ha bisogno di capire in profondità le sue radici. E inizia a scavare all’interno della sua vita. Per lui, che è una persona che ha smesso di fare politica, è ormai una necessità: qualsiasi cosa faccia, non si sente più come prima, fatica a reintegrarsi. Le nostre radici – chiarisce Crivellari – sono la nostra appartenenza e la nostra identità, la risposta allo spaesamento che tormenta Ferdinando, come tanti di noi. E che trova soluzione solo nella famiglia, biologica o politica che sia”.

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