Iran, strage ai funerali ai Solemaini: 40 morti per la calca e la ressa in piazza

7 Gen 2020 14:31 - di Robert Perdicchi

Milioni di persone in piazza a Kerman, città natale del generale iraniano Qassem Soleimani nel sudest dell’Iran, per partecipare alla cerimonia di sepoltura. Lo riporta l’emittente Press tv, spiegando che a Kerman è prevista anche la sepoltura del generale Hossein Pourjafari, ucciso insieme a Soleimani venerdì. Si stima che ieri a Teheran siano stati sette milioni i partecipanti alla cerimonia funebre. Ressa e confusione avrebbero sarebbero all’origine delle 40 persone morte e delle 213 quelle rimaste ferite nella calca che si è verificata a Kerman.

L’Iran “festeggia” la rivolta del popolo contro gli Usa

“Il grande popolo iraniano con la sua presenza ai funerali” del generale Qassem Soleimani ha “dato uno schiaffo in faccia ai criminali funzionari americani”. E ora “è tempo di una risposta schiacciante”. Lo ha affermato il capo del Parlamento di Teheran, Ali Larijani, secondo il quale gli iraniani hanno “manifestato tutta la loro rabbia per il crimine americano”. Per Larijani l’attacco in Iraq in cui è stato ucciso Soleimani è stato”un’operazione di terrorismo”. “Avete messo a repentaglio la sicurezza ella regione e – ha incalzato nelle dichiarazioni riportate dall’agenzia Mehr – dovete risponderne”.

La Guida suprema dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei, vuole che siano le forze iraniane a vendicare formalmente Soleimani. Lo scrive il ‘New York Times’, citando tre fonti vicine al Consiglio della sicurezza nazionale iraniano al quale Khamenei ha dettato la linea. La risposta, ha detto Khamenei, deve essere ”un attacco diretto e proporzionato agli interessi americani”. E a condurre questo attacco devono essere ”le stesse forze iraniane”, scrive il New York Times. Si tratta di un fatto nuovo per la leadership iraniana, dal momento che dalla Rivoluzione islamica del 1979 Teheran ha quasi sempre mascherato i suoi attacchi dietro azioni di propri inviati nella regione.

Nessun piano americano per il ritiro dall’Iraq

Dal canto suo il capo del Pentagono Mark Esper ha negato che ci sia un piano per il ritiro delle truppe americane dall’Iraq dopo il raid aereo di venerdì. «Non è stata presa alcuna decisione di andarsene dall’Iraq. Non abbiamo elaborato alcun piano», ha detto Esper. Il riferimento è a una lettera scritta da un generale americano, il capo della task force Usa in Iraq William Seely. E diffusa su Twitter dopo essere stata inviata al governo di Baghdad nella quale si faceva riferimento a un ‘‘riposizionamento delle forze (Usa, ndr) nei prossimi giorni e nelle prossime settimane”.

L’appello alle Nazioni Unite

Nel frattempo l’Iraq ha chiesto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di condannare formalmente il raid aereo americano di venerdì a Baghdad che ha portato all”’assassinio” di Soleimani e del numero due delle milizie sciite delle Unità di protezione popolare Abu Mahdi al-Muhandis. Si tratta di una ”evidente violazione” rispetto alla presenza delle forze americane nel Paese e di una ”pericolosa escalation che potrebbe portare a una guerra devastante in Iraq, nella regione e nel mondo”, ha detto l’ambasciatore iracheno presso le Nazioni Unite Mohammed Hussein Bahr Aluloom. Per questo, il diplomatico ha chiesto che il Consiglio riconosca la responsabilità ”di chi ha commesso simili violazioni”. In una lettera, Bahr Aluloom chiede anche ”che l’Iraq non sia trascinato in crisi regionali e internazionali” per evitare che prevalga ”la legge della giungla”.


 

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *