Interviste con l’autore: Antonio Saccà. «Ecco che cosa resta del nulla»

23 Gen 2020 13:51 - di Redazione

Esce per la casa editrice Armando : Quel che resta del nulla , testo deliberatamente caotico, un argomento filosofico prossimo ad una considerazione economica , ad una poesia, ad un atto unico teatrale. Evidentemente Antonio Saccà, l’autore, ha voluto rappresentare la confusione odierna, la mescolanza, ma nel rappresentare il disordine, la mescolanza, le mescolanze come tali il testo fonda il suo ordine, vede chiaramente la confusione, non ne è vittima o connivente. Già in altre opere recenti, sempre con l’editore Armando, il romanzo, Il professore, la morte e la ragazza, e La memoria dei ricordi I, Antonio Saccà aveva colto nella “confusione” il segno dell’epoca, accentuato in questo recente testo: Quel che resta del nulla, appunto. Il dialogo che segue farà comprendere la tesi di un’epoca babilonica. E’ un “dialogo” che l’autore fa con se stesso.Le copertine delle tre ooere sono del pittore Carmelo Crea, dei veri quadri espressivi non semplici raffigurazioni.

Del Nulla può restare qualcosa?

Nulla!

E allora?

Mi dai tempo per spiegare?

È il mio scopo

Dunque, io ritengo e scrivo che ciascono di noi è un doppio uomo, l’uomo esistenziale, l’uomo storico-sociale. L’uomo esistenziale è l’uomo naturale, nasce, vive, muore, e non resta alcunchè, né come individuo né come specie, del resto anche l’Universo si sfascerà. L’uomo esistenziale è in una condizione di impotenza radicale, ignora perchè e come mai esiste l’esistenza e non riesce a impedire il cammino del tempo e la morte. L’uomo sociale perirà completamente con la morte dell’uomo esistenziale ma per un certo periodo di tempo, addirittura millenni, può segnare una traccia, questa traccia…

Quale traccia?

Questa: la civiltà, da non confondere con la società.

Che differenza esiste tra civiltà e società?

Enorme, e non coglierla, spartirla suscita il babilonismo.La società è il semplice stare insieme, tutelati, in linea di massima stabilendo la reciproca sopravvivenza vitale. Civiltà è ben altro…

Sarebbe?

È lo scopo ,il fine, la meta della società per dare valore, senso, dignità alla società. La civiltà ha bisogno di lunga maturazione, ideali, valori,cultura amalgamante, di sedimentazione e soprattutto di una possente unione elevatrice di un intero popolo avvinto a chi lo guida, una guida senza popolo ed un popolo senza guida non generano civiltà. Ora noi difettiamo attualmente di questa congiunzione, e non avendo uno scopo di civiltà ci limitiamo ad avere soltanto la società, ma la società come puro agglomerato di persone è babilonica, confusionaria, questo o quello sono pari, che l’Italia, poniamo, sia sempre più abitata da stranieri non è considerato un pericolo, per lo stare insieme: italiani arabi, indiani, fa lo stesso, non avendo uno scopo comune di civiltà tutto fa brodaglia, ficchiamo tutti nel pentolone per il bollore babilonico. È un disastro demografico, e di civiltà come meta unitaria superiore di una precisa civiltà.

Molti dicono che le mescolanze accrescono.

Certo, purchè vi sia lo scopo della civiltà non il semplice mescolamento. Scorgi tu una meta di civiltà in questa mescolanza di affamati, disperati, avidi?

No, in verità vedo tanti infelici, povera gente, tanti laboriosi e tanti che cercano di prendere quel che possono come possono. Allora?

Allora, ricadiamo nella parte esistenziale, se non vi è uno scopo di civiltà, l’uomo è preso dalla morte e dal Nulla.

Quindi non vi è resto del …Nulla!

No, no, volere ancora la civiltà, l’arte, degni rapporti umani, non condiscendere alla marea indifferenziarata rasoterra, alla equivalenza indifferenziata, siamo tutti uomini ma siamo differenti e differenziati. Manteniamo il nostro livello , tiriamoci per i capelli. Siamo stati lo splendore della terra. Rispettiamo i Padri se non possiamo rispettare i contemporanei. E soprattutto, non condiscendere al flusso babilinico, non riduciamoci ad essere una società ospitante ma una civiltà selezionante. Rispettiamo noi stessi.

Quindi vi è un resto, qualcosa che sopravanza il Nulla? Taluni che hanno scritto sui tuoi libri annotano un pessimismo cosmico, come dice Stefania Pavone, nichilismo, come dice Riccardo Moccia, desolazione, come dicono Francesco Puglisi, Vincenzo Binaventura, Giorgio Bosco…Non è così?

La condizione esistenziale è del tutto nell’oscurità, a quanto vediamo l’individuo sparisce totalmente, ma come entità storica, in quel tratto in cui sussisterà la storia dell’uomo, egli può compiere opere meravigliose, che chiamiamo civiltà. E le civiltà restano a lungo. Perchè rinunciarvi e vivere alla giornata?

locandina

 

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