Il bluff dell’Iva: aumento disinnescato in deficit. Il Conte-bis ha tagliato solo le misure targate Salvini
La questione è estremamente tecnica, ma vale la pena di riportarla. Tanto più che ad estrarla da schemi e tabelle è un mago dei numeri come Franco Bechis, il direttore del Tempo. È stato lui a svelare il gioco delle tre carte inscenato dal Conte-bis sul mancato aumento dell’Iva. Non proprio una robetta, visto che l’unico motivo che consente al governo giallo-rosso di mettere le penne del pavone è proprio nel mancato scatto delle aliquote. Bechis ha scoperto che non è così. E che in mano il governo non ha un poker d’assi, ma una striminzita coppia di otto. Un bluff, insomma. Non c’è altro modo per definirlo dal momento che nella tabella riassuntiva della manovra 2020 predisposta dagli uffici studi con tanto di misure adottate e relative fonti di copertura emerge che il governo ha disattivato l’aumento dell’Iva come l’avrebbe fatto anche un bambino: in deficit.
Oltre 20 miliardi su 23 scaricati sui bilanci successivi
Ben 20.131 miliardi sui 23 postati in bilancio come clausole di salvaguardia. Il tutto, alla fine si è ridotto a meno di tre miliardi. Se da un punto di vista contabile l’operazione del governo è un bluff, sotto quello politico è una vera truffa. Per averne conferma basta riavvolgere il nastro del Conte-bis e tornare al ribaltone d’agosto che ne favorì il varo. Per giustificarlo, lo stesso Conte e l’intero caravanserraglio giallo-rosso usarono proprio la pezza delle clausole di salvaguardia. Dobbiamo evitare le elezioni – dissero in coro Zingaretti, Di Maio, Renzi e lo stesso premier – per impedire l’aumento dell’Iva. Non dei 23 previsti dalla manovra dell’anno precedente, ma solo dei manco tre che un sussulto di pudore aveva sconsigliato di disattivare in deficit, cioè scaricandone il peso sui bilanci successivi. Dove li ha tagliati il Conte-bis? Semplice: da quella che la grancassa mediatica ha subito bollato come «l’eredità del Papeete».
L’Iva è servita a Conte a giustificare il ribaltone d’agosto
A farne le spese, insomma, le misure targate Salvini. Un taglietto di 300 milioni di euro viene infatti da Quota 100. Altri 155 milioni da quel poco di flat tax in vigore. Ai quali vanno aggiunti 80 milioni di accise agevolate agli autotrasportatori. Misura, quest’ultima, elettoralmente indolore visto che la gran parte dei “padroncini” vota per il centrodestra. Gli ultimi 950 milioni sono invece il frutto della cancellazione di spese in conto capitale già previste. Idem come sopra, dal momento che le opere pubbliche stanno ai Cinquestelle come l’aglio ai vampiri. Morale della favola: l’aumento dell’Iva non solo non è stato disinnescato, ma continuerà ad incombere sui bilanci delle famiglie italiane. Nel compenso, quel poco di buono che c’era per chi, come i lavoratori del privato, questo benedetto Paese lo mantiene è stato cancellato. È la sinistra, bellezza.
e l’europa dove sta, quando c’era Salvini scrivevano una lettera al giorno oggi che al governo ci sono personaggi che si sono calate le brache, per loro va tutto bene questo fa capire che è solo una questione politica di chi è simpatico o antipatico. Poi c’è la questione degli aiuti di stato li fa l’Italia allora giù lettere minacciose da parte dell’Europa, le fa la Germania vedi aiuti alle banche e adesso ai produttori di carbone tutti zitti e sull’attenti. Se questa è l’Europa è meglio uscirne preferisco sbagliare con la mia testa non per le cazzate degl’altri.