Delitto dell’Olgiata, la denuncia di Manfredi Mattei: «L’assassino di mia madre potrebbe tornare libero»

30 Gen 2020 11:35 - di Redazione

Sulla pagina Fb “Sette Colli ” la denuncia di Manfredi, figlio di Pietro Mattei, morto venerdì scorso, sull’omicidio della mamma, Alberica Filo della Torre. «L’omicida rischia di tornare libero». Il riferimento è al terribile delitto dell’Olgiata che solo alcuni anni dopo i fatti fece registrare l’arresto del filippino assassino, domestico di casa. Riccardo Corsetto intervista (qui l’integrale) il suo ex compagno di scuola, che gli aveva chiesto un incontro. «Ti devo parlare, voglio raccontarti chi era mio padre e ho bisogno di fare un appello alle massime istituzioni».

Delitto dell’Olgiata, il racconto di Manfredi Mattei

Racconta Corsetto: «Nel 1991, quando Alberica Filo della Torre venne uccisa all’Olgiata, la mia infanzia fu squarciata da quello che passerà alla storia come il primo giallo mediatico della storia italiana. Squarciata, perché a dieci anni quel racconto del lato più violento e oscuro della vita interruppe improvvisamente i cartoni animati e l’innocenza di noi bambini. Manfredi aveva appena nove anni, e tutti i giorni saliva con noi sullo scuolabus che ci riportava a casa dopo l’ultima campanella. La televisione diceva che era stato lui a trovare la mamma ai piedi del letto. Fu per noi bambini il primo incontro reale e ravvicinato col male. Ricordo che le mie notti e i miei sonni ne furono condizionati.

Le accuse infamanti a Pietro

Pietro Mattei era già stato “condannato” dal tribunale del primo show catodico-giudiziario italiano. Ogni giorno aspettava Manfredi alle 14.15 all’angolo tra la Cassia e via della Giustiniana. Era sempre puntuale ad aspettare che il pulmino si fermasse. L’abito classico, l’immancabile cravatta, la corporatura robusta mitigata dall’altezza e l’inconfondibile capigliatura canuta. Lo riconoscevo dal finestrino e poi osservavo Manfredi scendere dal bus e prendergli la mano.Quanti di noi ragazzini ci siamo chiesti: “Possibile che quel signore elegante sia il mostro di sua moglie?”. I magistrati e lo show business avevano deciso così. Non c’erano prove né indizi, ma quella era stata per anni la teoria più facile da seguire, nonostante non fosse mai stato sospettato o oggetto di indagini».

Corsetto ricorda poi come, solo nel 2011, vent’anni dopo quell’omicidio, tutta l’Italia scoprì che Alberica Filo della Torre era stata uccisa da un cameriere filippino, Manuel Winston Reyes. «E scopre anche che Pietro Mattei è stato vittima di una delle più bieche e distorte inchieste della Procura italiana».

Manuel Winston Reyes potrebbe uscire di galera

«La cronaca di come si svolsero i fatti  – dice Manfredi Mattei – è già storia nota, non serve ripeterla. Quello che non è noto è che fra poco Manuel Winston Reyes potrebbe uscire di galera. Ha già beneficiato diverse volte di permessi premio in questi anni. Ma tra poco gli sarà concessa la libertà condizionale. Che tradotto significa sospensione della detenzione».

Rischiamo di averlo fuori dopo nemmeno otto anni? «Esattamente. Lo Stato italiano potrebbe premiare l’assassino di mia madre. Winston è entrato in carcere nel 2011, incastrato al di là di ogni ragionevole dubbio dalle intercettazioni telefoniche e dalle tracce di DNA accertate su quel lenzuolo che vidi avvolto intorno al volto di mia madre, quando per primo la rinvenni insieme ad una nostra cameriera. Winston beccò appena sedici anni nella sentenza definitiva. Tanto vale l’assassinio di una donna e di una madre?».

La pena fu ridotta perché la difesa scelse il rito abbreviato, e inoltre gli furono riconosciute attenuanti generiche, il fatto che fosse incensurato. Mentre il reato di rapina cadde in prescrizione nel 2001. In quella rapina, Winston sottrasse circa mezzo miliardo di lire in gioielli: era il movente dell’omicidio. Eppure il filippino non pagherà nemmeno un giorno per quel reato.

La giustizia italiana “ingiusta”

«Questa è la giustizia italiana. Una donna uccisa e vent’anni di lotte e calvario di mio padre valgono 16 anni. Fra poco scopriremo che valgono anche meno. Forse 8 o 10. Mio padre Pietro ha combattuto come un leone contro la magistratura e il sistema politico e mediatico. Contro di lui si è mossa una vera e propria macchina del fango. Oggi sono qui perché ricordo quante notti da bambino ho dovuto vederlo piangere, in que Matteil letto che l’assenza di mamma rendeva troppo grande. Era rimasto solo contro tutti. Ha cercato in tutti questi anni la verità. Non per difendere se stesso, ma perché era consapevole che l’assassino fosse ancora libero. I magistrati avevano deciso che il colpevole fosse lui, ma non per l’omicidio, ma per quel che rappresenta una famiglia felice”. Manfredi parla così del padre.

«Non è mai davvero emersa la sua sofferenza all’esterno. Era un uomo che non esibiva, era riservato in tante cose, anche nel dolore. Gli inquirenti sono arrivati addirittura a sospettare la presenza dei servizi segreti, per operazioni di riciclaggio ed evasione fiscale che non sono poi mai stati riscontrati. Hanno tentato di far credere che mia madre fosse stata uccisa in un affare in cui aveva messo lo zampino addirittura il Sisde».

«Mai dubitato di mio padre»

Il delitto dell’Olgiata è sempre un mistero. Hai mai dubitato di tuo padre?, chiede Corsetto.«Mai. Nessuno di noi in famiglia ha mai avuto dubbi sulla sua innocenza. Per vent’anni ha dato battaglia per cercare il colpevole, annullandosi in una ricerca senza sosta». Finalmente la svolta nel 2008…“Grazie al Pm Francesca Loy, che chiede l’ergastolo per il filippino. Che però becca appena 16 anni. La vita in Italia vale così poco? «Anche meno. Serve una grande riforma, una rivoluzione della giustizia italiana. Certezza della pena e responsabilità civile dei magistrati. Da quanto tempo se ne parla?».

Intanto, ricorda Corsetto, la Fondazione Alberica Filo della Torre si batte su questi fronti da anni. «È una battaglia che intendiamo continuare, legalmente con l’appoggio di avvocati come Giuseppe Marazzita che ci assiste, ma anche culturalmente con la Fondazione, nel nome di mia madre e di mio padre che l’ha raggiunta. Le sue lacrime notturne e quel dolore invisibile saranno la spinta di questa incessante battaglia». Cosa ti aspetti dalla politica e dalle istituzioni? «Faccio appello al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e al ministro della Giustizia: impedite che mio padre, nell’anno della sua morte, venga offeso dalla scarcerazione prematura dell’assassino di sua moglie e della madre dei suoi figli».

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