Banca Etruria, nel 2021 inizia il processo per bancarotta, il padre della Boschi alla sbarra
E’ stato fissato al 14 gennaio 2021 davanti al Tribunale di Arezzo l’inizio del processo per bancarotta colposa relativo alle consulenze d’oro contestate dalla Procura a 14 imputati tra ex-membri dell’ultimo Cda di Banca Etruria ed ex-manager dell’istituto di credito aretino. E fra loro, rivela “Il Corriere di Arezzo”, ci sarà anche Pierluigi Boschi, padre della ex-ministro delle Riforme Maria Elena. Capogruppo, alla Camera, di Italia Viva. Il partito fondato da Matteo Renzi e da altri transfughi del Pd.
Il padre della Boschi vicepresidente prima del commissario
Il padre della Boschi non era mai stato, fino ad oggi, rinviato a giudizio per le vicende di Banca Etruria di cui è stato l’ultimo vicepresidente prima del commissariamento.
Sul banco degli imputati per lo scandalo Banca Etruria oltre a Boschi, anche l’ex-direttore generale Daniele Cabiati e il suo vice Emanuele Cuccaro. E, poi, Alessandro Liberatori, Claudia Bugno, Rosanna Bonollo, Alessandro Benocci, Carlo Catanossi, Giovanni Grazzini, Luigi Nannipieri, Luciano Nataloni, Anna Maria Nocentini, Claudio Salini e Ilaria Tosti.
Restano fuori dall’udienza, che si aprirà tra un anno, tre imputati convolti in altre inchieste collegate al crac di Banca Etruria.
Ancora in corso l’altro processo per bancarotta fraudolenta
Nel processo per bancarotta fraudolenta, ancora in corso davanti al Tribunale di Arezzo, l’ex-presidente Lorenzo Rosi è ancora imputato. Mentre l’ex-direttore generale Luca Bronchi e l’ex-vicepresidente Alfredo Berni sono stati già condannati in rito abbreviato al termine dell’udienza preliminare.
Per il principio giuridico del “ne bis in idem”, in quanto già a processo per lo stesso reato, non sono stati, quindi, citati in questo nuovo processo.
Nel frattempo, per un’altra inchiesta, il gup del Tribunale di Arezzo, Piergiorgio Ponticelli, ha disposto ulteriori indagini, con proroga di due mesi dell’udienza preliminare, nel filone per bancarotta colposa di Banca Etruria.
L’inchiesta sulla liquidazione del Dg di Banca Etruria
Il filone riguarda la liquidazione dell’ex-Direttore Generale, Luca Bronchi per una cifra netta di circa 700mila euro).
Per quel fascicolo la Procura aveva chiesto l’archiviazione. Anche in questo caso tra gli indagati spunta il nome di Pierluigi Boschi.
La decisione del giudice era attesa alla fine della scorsa settimana. Ma la necessità di nuovi accertamenti, richiesti alla Procura, sulla posizione di alcuni imputati, ha fatto slittare la decisione ai primi giorni del prossimo marzo.
Anche qui spunta il nome di papà Boschi
La decisione, oltre al padre di Maria Elena Boschi, riguarda gli indagati Alessandro Benocci, Rosanna Bonollo, Claudia Bugno, Carlo Catanossi, Alessandro Liberatori, Luigi Nannipieri, Luciano Nataloni, Anna Maria Nocentini Lapini, Andrea Orlandi e Ilaria Tosti.
Con i nuovi accertamenti richiesti dal giudice Ponticelli, la Procura dovrà chiarire la posizione dell’ex-membro del cda Giovanni Grazzini il quale si astenne al momento del voto sulla liquidazione da erogare a Bronchi.
Il processo che inizierà il 14 gennaio 2021 è la conseguenza del decreto notificato lo scorso 30 dicembre dalla Procura di Arezzo. Che ha disposto la citazione diretta a giudizio per il reato di bancarotta colposa per presunte omissioni di controllo su consulenze a carico di 14 tra ex-dirigenti ed consiglieri dell’ultimo cda di Banca Etruria.
Le consulenze d’oro per 4 milioni e mezzo di euro
Il nuovo procedimento riguarda le consulenze, per un importo totale di circa 4 milioni e mezzo di euro, affidate a importanti società per trovare un partner a Banca Etruria. E scongiurare, così, il fallimento.
Per i pubblici ministeri anche queste consulenze d’oro avrebbero contribuito al crac.
Secondo la Procura di Arezzo gli ex-manager e gli ex-consiglieri di amministrazione citati a giudizio non avrebbero vigilato sul lavoro effettivo svolto dai consulenti. Lavoro che si sarebbe, in definitiva, rivelato, in gran parte, inutile e ripetitivo.
Le consulenze d’oro furono affidate per valutare se era possibile avviare il processo di fusione della Bpel con un istituto di elevato standing come richiesto dalla Banca d’Italia. Ovvero, all’epoca, la Banca Popolare di Vicenza. Progetto che, poi, non si concretizzò.