Autostrade, con la revoca della concessione le ricadute economiche sarebbero disastrose

7 Gen 2020 13:05 - di Giuseppe Menardi*
autostrade

Autostrade, con l’approvazione del decreto mille proroghe il Governo ha posto le condizioni per la revoca della concessione firmata nel 2007 con Aspi (Autostrade per l’Italia). In realtà la situazione è molto più complicata perché le condizioni della concessione autostradale di Aspi sono variegate e di rango giuridico, sociale ed economico. Innanzitutto le responsabilità penali conseguenti al crollo del Ponte Morandi ed alle 43 vittime saranno valutate e decise dalla Magistratura. La non costituzionalità della decisione univoca del Governo di modificare ex post (mille proroghe) le condizioni di affidamento della concessione può essere invocata. In caso di passaggio delle competenze da Aspi ad altro soggetto, è stato detto ad Anas, a chi verrebbero imputate le cause di eventuali crolli?

Infatti essi possono essere radicati nel tempo, perché frutto non solo o non esclusivamente di mancate manutenzioni ma anche di possibili difetti progettuali o costruttivi. Qual è in questa situazione il ruolo di vigilanza previsto per legge in capo al Ministero delle Infrastrutture? Immagino che questo punto sia già oggi già al vaglio della magistratura, per il caso del Ponte Morandi. Qual è la forza dell’ opinione pubblica e della politica per orientare le scelte e successivamente che responsabilità sociali hanno questi soggetti per le conseguenze delle decisioni assunte?

Autostrade e il crollo del Ponte Morandi

Non dovremmo dimenticare che qualche giorno prima che il Ponte Morandi crollasse c’era chi sosteneva con “ l’autorevolezza della forza popolare” che il Ponte Morandi avrebbe resistito nel tempo e chi sosteneva che era a rischio crollo veniva accusato di voler semplicemente appoggiare la costruzione della Gronda. Ovviamente queste condizioni, definite al contorno, possono essere giudicate solo dalla politica , consapevole che i risvolti e le conseguenze sociali sono enormi. In caso di revoca della concessione ad Aspi c’è il rischio di un totale azzeramento del valore del titolo ed il pericolo del fallimento della società, con ricadute economiche disastrose interne, ma anche con un danno internazionale enorme per la perdita totale della affidabilità del sistema italiano, già messo in forte crisi dalla situazione ILVA.

La conseguenza naturale è la distruzione totale di valore, compreso l’investimento di chi, ignaro delle dinamiche di gestione com’è l’azionista di fila, ha semplicemente creduto e investito in una società italiana che prometteva ottima redditività dell’investimento ed era, dalla pluralità dei soggetti di informazione, come un’eccellenza della borsa italiana. La decisione perciò della revoca tout court della concessione è estremamente complessa e la causa giudiziaria e gli strascichi economici e politici potrebbero durare anni. Tuttavia non deve essere esclusa come ha già indicato il Governo.

In un passato recente l’Italia ha vissuto vicende analoghe. Chi poi ha i capelli bianchi ricorda come a seguito di battaglie giustizialiste siamo riusciti a distruggere interi comparti dell’industria nazionale. Un esempio per tutti la chimica di Ferruzzi ed oggi siamo alle prese come ricordato con l’acciaio. Sarebbe imperdonabile se aprissimo anche questo fronte delle infrastrutture che viceversa deve essere sostenuto e rafforzato e non indebolito o addirittura distrutto.

Il caso delle Fondazioni bancarie

La causa così onerosa di una concessione (quella in essere) per lo Stato in caso di revoca unilaterale da parte del Governo è frutto dell’intreccio fra politica ed affari. Aspi come le altre società autostradali ha arruolato nella gestione uomini provenienti dalla politica, sembra per la volontà di mantenere un rapporto di contiguità fra l’azienda ed il regolatore, certamente nulla di illegale. Macroscopico è il caso delle Fondazioni bancarie che hanno investito decine di milioni di euro nelle società autostradali ai cui vertici ci sono sovente i presidenti delle Fondazioni stesse.

La soluzione perciò dovrebbe essere un compromesso tra Aspi ed il Governo nel segno della trasparenza e se possibile del rispetto degli impegni assunti. Potrebbe essere siglata una nuova concessione che faccia piazza pulita degli intrecci societari, garantendo una migliore trasparenza, con poche regole ma molto chiare. Un pilastro di queste regole dovrebbe essere il rispetto degli investimenti previsti nei piani di manutenzione che sono pagati dall’utenza attraverso i pedaggi.

Inoltre qualora la società autostradale non rispettasse il contratto dovrebbe essere costretta a restituire allo stato le somme non spese ed essere fortemente multata per il danno emergente dalla mancanza dell’investimento e dal lucro cessante, cioè il guadagno che si sarebbe prodotto se non ci fosse stato l’inadempimento. Inoltre dovrebbe esserci un abbassamento del rating di affidabilità della azienda in termini di validità temporale della concessione, con l’impegno di informare il mercato e perciò gli investitori. Infine i vertici della società autostradale, compreso il collegio sindacale, dovrebbero rispondere in solido per assicurare il pieno rispetto della convenzione.

*già vicepresidente della Commissione Lavori Pubblici del Senato

Commenti

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  • Laura Prosperini 7 Gennaio 2020

    articolo molto ben fatto e documentato nonché di buon senso ma…
    è il momento di dare ai cittadini un forte segnale che vada in senso opposto a quanto, ormai da troppi anni, vadano le cose cioè contro i c.d. ultramiliardari che, in barba alla loro più o meno presunta capacità imprenditoriale, sfruttano lo Stato arricchendosi parassitariamente, senza apportare alcuna miglioria alla pubblica utilità, anzi mancando ai (pochi) doveri basilari contratti a fronte dell’enorme ricchezza prospettatagli.
    Per cui, ritengo che la revoca sia giusta ma anche necessaria affinché lo Stato, la nostra Nazione, torni ad essere Patria degli Italiani e non solo luogo di scorribande di alcuni (sedicenti) imprenditori spesso apolidi.

  • giovanni vuolo 7 Gennaio 2020

    Certo però qualcosa non funziona. L’unica attività svolta con solerzia da società autostrade in favore della sicurezza, è stata quella di far proliferate sistemi di controllo delle velocità, con limiti improbabili, con la sola finalità di aggredire le tasche degli automobilisti. Basti citare la vergogna sul tratto Avellino – Baiano, dove a nulla sono valse le reiterate proteste degli utenti. Inoltre il costo delle autostrade, è il più alto d’Europa, con lauti
    guadagni per i concessionari. Non se ne può davvero più. Guardate ad esempio i contratti dei lavoratori Autostrade : mensili che fanno strabuzzare gli occhi ad un impiegato statale. E per finire, non dimentichiamo come Autostrade, Alitalia, Poste, etc. siano sempre stati i rifugium peccatorum per i raccomandati di ferro, oggi tutti di provenienza PD. Perciò andiamoci piano, non so se la revoca sia la soluzione, ma certo vanno riviste tantissime cose, a cominciare dai guadagni da sultanato, che ingrassano casse private, sulle spalle di noi tutti.