Violentata in un pollaio, la terribile testimonianza della vittima: «Ho visto la morte in faccia»

12 Dic 2019 16:30 - di Redazione
violentata in un pollaio

«Mi ha legata e frustata. Ho visto la morte in faccia». È il drammatico racconto esclusivo a Pomeriggio Cinque della 53enne Patrizia, sequestrata e violentata in un pollaio. Una violenza che si è protratta per oltre un mese  nelle campagne tra Rufina e Pontassieve nel fiorentino. L’uomo è ora nel carcere di Sollicciano. «Un mio ex cognato mi ha invitato a discutere di alcuni problemi di famiglia. Mi sono fidata, mi hanno portato in un camper e mi hanno offerto una bibita analcolica da bere. Non ho fatto in tempo a bere il terzo bicchiere che ho sentito la testa pesante. Barcollavo dal sonno. Riuscivo a sentire quello che mi dicevano, ma non avevo la forza di parlare. Mi sono addormentata. La mattina dopo mi hanno preparato la colazione e uno dei due mi ha chiesto di andare a raccogliere le uova».

Violentata in un pollaio, la testimonianza

La donna ripercorre quei drammatici momenti in collegamento con la trasmissione. «Con la testa ancora mezza stordita sono entrata in quel capannone e, dopo nemmeno un secondo, ha cominciato a picchiarmi con un frustino di plastica dappertutto. Mi ha costretto a stendermi su una brandina, mi ha legato – dice piangendo e mostrando i segni sul polso – ha preso delle forbici da sarto e mi ha tagliato tutti i capelli a zero. Avevo una paura terribile, temevo che mi avrebbe uccisa. Non riuscivo neanche a urlare». Dopo una settimana in cui «mi dava da mangiare solo acqua e biscotti e non mi slegava neanche per andare in bagno», racconta, «mi porta nel magazzino di fianco, riempie una tinozza di acqua gelida e me la butta addosso».

La prigionia

«È stato allora che mi ha violentata e ha continuato per tutto il tempo della prigionia. Mi minacciava anche di far del male a mio figlio –accusa la donna – Nel frattempo la sua fidanzata prendeva il mio reddito di cittadinanza con una carta che mi aveva costretto a firmare». Patrizia ha subito angherie di ogni tipo, oltre alla violenza. Nel frattempo marito e figlio pensavano che volesse trasferirsi all’estero. «Mi ha costretta anche a scrivere delle lettere ai familiari in cui dicevo di volermene andare via. Le ferite fisiche si sono rimarginate, ma non quelle psicologiche. Non riesco ancora a dormire la notte» conclude con gli occhi lucidi Patrizia.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *