Strage di Bologna: il Comune conferma la dispersione dei resti umani delle vittime

17 Dic 2019 18:03 - di Massimiliano Mazzanti

Bologna, riceviamo da Massimiliano Mazzanti e volentieri pubblichiamo:

Caro direttore,

Le parti civili hanno terminato le loro arringhe, nel processo per la strage di Bologna. A concludere questo passaggio, l’Avvocatura dello Stato che ha chiesto alla Corte d’Assise di condannare Gilberto Cavallini anche al pagamento “in solido” – con Francesca Mambro e Valerio Fioravanti – del risarcimento di oltre due miliardi di euro. Quei due miliardi di euro allo Stato che tanta ironia avevano suscitato nella stampa nazionale parecchi mesi addietro.

Il Comune di Bologna conferma l’ipotesi del Secolo d’Italia

In attesa delle arringhe difensive, previste per i giorni 8 e 9 di gennaio, si fanno altri passi avanti nella vicenda di “Ignota 86”. Il Comune di Bologna, rispondendo a un’interrogazione presentata da una consigliera della Lega, Paola Francesca Scarano, ha confermato clamorosamente l’ipotesi avanzata dal Secolo d’Italia: tutti i resti umani raccolti alla stazione di Bologna il 2 agosto 1980 sono stati fatti sparire. Non esistono negli archivi comunali né “atti di morte” né moduli per la “inumazione dei resti umani appartenenti a persona non identificata”. Documenti, insomma, che attestino la sepoltura delle tante parti di corpi umani che pure furono ritrovate tra le macerie della stazione. Per altro, a fronte di questa conferma burocratica, c’è il registro del Cimitero monumentale della Certosa. Qui non è annotata – tra l’agosto e il dicembre 1980 – nessuna sepoltura o cremazione dei resti umani delle vittime della Strage di Bologna.

Tentarono di far sparire tutto

Eppure, nei giorni successivi all’attentato, questa pietosa operazione finì sui giornali. Sul Resto del Carlino, Lamberto Sapori precisò anche la quantità di questi “resti” (tra cui mani, piedi, ecc.) nel numero di 57. Dunque, molti, molti più di quelli indicati il 6 agosto 1980 dal procuratore Luigi Persico, nel documento in cui disponeva la sepoltura di 11 di questi resti. Queste sepolture, però, non avvennero mai. Qualcuno – chissà per quale oscuro motivo – fece sparire tutte queste macabre testimonianze dell’esplosione.

Appare impossibile l’ipotesi alternativa, quella della semplice incuria. Non solo perché queste operazioni sarebbero dovute avvenire a tre, quattro giorni dall’esplosione, quando il “clima emergenziale” in Comune e alla Medicina legale era già cambiato. Appare impossibile perché sono troppe le persone che si sarebbero dovute comportare in modo non corretto. Lo Stato civile del Comune, che non avrebbe redatto gli atti disposti dalla Procura. Il servizio dei necrofori, che avrebbero trasportato questi resti al cimitero privi della necessaria documentazione. La Polizia mortuaria, che avrebbe provveduto alla sepoltura in mancanza di attestazione e senza registrare l’operazione d’inumazione (o cremazione) nell’apposito registro.

L’unica spiegazione possibile è che si è tentato – e si è riuscito – di far sparire tutto, affinchè nessun’altra persona potesse un domani testimoniare che cosa effettivamente fu seppellito in quei giorni. A questo punto, diventa ancor più importante la ricognizione dei registri della Medicina legale, richieste nelle settimane scorse dalla difesa di Cavallini.

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